E’ necessario e utile sostituire lo zucchero con un diverso edulcorante? La rubrica del dottore Federico Mavilla

federico mavilla

Avrete notato certamente, davanti al bancone dei bar, varie quantità e tipi di dolcificanti, normalmente richiesti e utilizzati dai consumatori usuali della tazzina del caffè o altre tipi di bevande. Ma hanno una validità e un’efficacia tutti questi tipi di dolcificanti?
Occorre innanzitutto fare una distinzione su quelli che genericamente definiamo zuccheri, ma che in realtà hanno caratteristiche, modalità di assorbimento e impatto sull’organismo differenti.

Lo zucchero bianco di uso comune nelle nostre cucine infatti è chimicamente costituito dal saccarosio, un disaccaride – cioè uno zucchero formato dall’unione di due molecole, glucosio più fruttosio – estratto dalla canna da zucchero o dalla barbabietola. Il glucosio invece è un monosaccaride, costituito cioè da una sola molecola-base presente in ogni zucchero che si differenzierà poi a seconda delle molecole con le quali si unirà (per esempio, il lattosio è dato dall’unione di una molecola di glucosio a una di galattosio).
Il glucosio dunque non è lo zucchero che troviamo comunemente sulle nostre tavole. Lo troviamo nel nostro circolo sanguigno, viene sintetizzato nel nostro organismo, ed è estratto dagli alimenti che ingeriamo. La sua semplicità lo rende consono all’impiego ai fini terapeutici, per esempio in ospedale, dove si somministra in soluzione endovenosa per ritemprare un organismo debilitato. A livello industriale lo ritroviamo in bevande dolci come succhi di frutta, sciroppi di glucosio/fruttosio o in prodotti dolciari. Altri monosaccaridi sono rappresentati dal galattosio (latte) e dal fruttosio, naturalmente presente nella frutta, da cui prende il nome, ottenibile anche per sintesi (chimicamente).
Ogni tipologia di zucchero è biologicamente necessaria, anche per il corretto svolgimento di alcune funzioni specifiche, come l’attività cerebrale, e fa bene all’organismo, a patto che gli zuccheri semplici siano introdotti in un contesto di alimentazione e stile di vita sano e non superino, come raccomandato dall’Organizzazione Mondiale Sanità, la soglia del dieci per cento dell’apporto calorico totale giornaliero. In una dieta da duemila chilocalorie al giorno, gli zuccheri devono essere all’incirca cinquanta grammi totali, per evitare l’insorgenza di diverse patologie.
Anche in caso di situazioni a rischio, come la patologia diabetica, non è sempre corretto sostituire il saccarosio con il fruttosio. Per anni siamo stati inclini a consigliare l’uso di fruttosio in presenza di elevati livelli di zuccheri nel sangue. Questo perché il fruttosio è uno zucchero con un indice glicemico più basso, ovvero la velocità con cui alza il livello di glicemia nel sangue è più lenta rispetto al saccarosio; tuttavia il fruttosio è uno zucchero che viene prevalentemente metabolizzato per via epatica, cioè dal fegato. I pazienti diabetici spesso presentano sovrappeso ed ipertrigliceridemia, nonché una condizione di infiammazione cronica epatica definita come steatosi (o ‘fegato grasso’): queste considerazioni ci invitano a non preferire in prima scelta il fruttosio come sostituto dello zucchero e invece, laddove necessario, ad incoraggiare l’uso di dolcificanti senza calorie. Ad esempio i glicosidi steviolici, estratti da una pianta (Stevia) originaria del Paraguay e del Brasile, che hanno un potere dolcificante 200-300 volte superiore allo zucchero, ma un apporto calorico e nutrizionale quasi nullo. Sarebbe più corretto, nel contesto di una alimentazione equilibrata, introdurre il fruttosio per via ‘naturale’, ad esempio concludendo il pasto con un frutto, piuttosto che con un dolce ricco di glucosio e saccarosio. Il fruttosio della frutta infatti è complessato alla fibra, che tampona la glicemia e riduce l’assorbimento degli zuccheri in essa contenuti. In virtù di questo anche la frutta va comunque assunta con moderazione, per la sua natura zuccherina, a differenza della verdura, che può essere consumata a volontà, dato il quantitativo trascurabile di zuccheri che fornisce all’organismo.
Infine anche in situazioni di normalità, ovvero in condizioni di salute, se a un regolare consumo di 3 porzioni di frutta giornaliere si associano ad esempio 3-4 caffè quotidiani, sarebbe buona norma non zuccherare tutte le tazzine ma ricorrere a un edulcorante per taluni di essi oppure gustarsi ogni tanto l’aroma di un buon caffè senza zucchero.

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