BELGIO, COMPLICITA’ E TOLLERANZA I NOSTRI NEMICI………………. DI RITA FALETTI

Salah-Abdeslam

La cattura di Salah Abdeslam, il terrorista in fuga dopo le stragi di Parigi del 13 novembre scorso, aveva sollevato i cittadini di Bruxelles dallo stato di apprensione in cui si viveva nella capitale dell’Unione da quella data maledetta. Erano trascorsi circa quattro mesi e del criminale neanche l’ombra, nonostante le ricerche non si fossero mai interrotte.

Poi, improvvisamente riappare. E dove? Proprio nel quartiere in cui è sempre vissuto e in cui è rimasto nascosto, Molenbeek, denominato anche Molenbeekistan per l’alta concentrazione di abitanti stranieri di fede islamica. Protetto dall’omertà degli abitanti e da quel clima di solidarietà tipicamente mafioso che in Italia, purtroppo, conosciamo bene, è riuscito perfino a fare la spola con Parigi mantenendo i fili con i membri della sua cellula e forse di altre. Chiedersi come sia potuto accadere serve solo alla retorica, come, del resto, domandarsi chi siano quei due individui che si muovono appaiati all’interno di un aeroporto indossando ognuno un solo guanto senza destare alcun sospetto. Il 22 di marzo lo abbiamo scoperto: erano i due kamikaze che si sono fatti esplodere nell’entrata dell’aeroporto di Bruxelles, nei pressi del check in dell’American Airlines. Si ripiomba così nel terrore che si impossessa dell’Europa in occasione di ogni attacco, ma che, passato il cordoglio per le vittime, conclusisi i dibattiti e inanellate le varie ipotesi, presto si dimentica per ritornare alla vita di tutti i giorni. L’abusato ritornello del non cedere e continuare a vivere come se niente fosse successo, varrebbe se invece che in Europa vivessimo in Israele, dove il sistema di sicurezza funziona. Eccome! Consolidato e perfezionato in settanta anni di attentati, bersaglio del terrorismo palestinese dalla sua nascita, il Paese e l’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv sono in uno stato di allerta perenne. Facendo un salto in Europa, invece, ci accorgiamo che più che in sicurezza, siamo esperti in chiacchiere e in manifestazioni di solidarietà. “Je suis Charlie” , “Non avrete il mio odio” e stupidaggini del genere, che non hanno neanche il pregio di essere sinceri a giudicare da come stanno andando le cose. Più volte si è sottolineato, e da più parti, la necessità che i servizi di intelligence dei vari Paesi collaborino, si scambino informazioni, condividano dati, che le forze dell’ordine, tutte, compresi i vigili urbani, comunichino tra loro sulla base di segnalazioni o semplici sospetti. La leadership europea non ha fatto nulla, la morte finora è toccata ad altri. Attenzione e cautela come misure preventive spettano però a tutti e non servono leggi perché siano introdotte: il vicino della porta accanto potrebbe essere quello che non appare. Chi era Salah Abdeslam prima di diventare un terrorista? Uno che non lavorava e passava le sue giornate a farsi canne nel bar del fratello dove si spacciava droga. Un giovinastro come tanti, senza arte né parte, un po’ tossico un po’ delinquente, come la maggioranza di quelli reclutati in Europa dal califfo nero attraverso Internet. Questo significa che la minaccia più pericolosa e subdola alligna tra noi ed è pronta a colpire dove c’è più tolleranza, dove il controllo è inesistente, dove esiste un patto occulto tra le istituzioni e il crimine. Questo patto esisteva tra il sindaco di Molenbeek e la comunità musulmana di quel quartiere. Tutti sapevano e tutti hanno taciuto. Si capisce perché Salah abbia potuto vivere e muoversi indisturbato, forse persino andare a pregare nella moschea più grande e importane di Bruxelles, a cento metri appena dalla sede del Parlamento Europeo. Se la polizia belga avesse voluto, avrebbe potuto prenderlo, senza bisogno di fare retate o organizzare operazioni in stile militare. E Molenbeek non è che una delle numerose zone grigie in Europa. Finora i governi hanno preferito chiudere entrambi gli occhi, per indolenza, per indecisione, per mancanza di coesione e collaborazione. Non si è annientato il sedicente stato islamico quando sarebbe stato necessario farlo. L’atteggiamento attendista dell’Europa ha fallito.

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