Con il quarto comandamento, Onora il padre e la madre, il Decalogo ci fa entrare in un secondo orizzonte dell’Alleanza con Dio: il rapporto con l’altro, con il fratello, il prossimo. L’amore a Dio , “unico Signore”, da “non nominare invano”, da “ricordare nelle feste”, – così come abbiamo indicato nella riflessione precedente riguardante il senso più profondo di questi tre comandi, – è indissolubilmente legato all’amore del prossimo:
e il primo prossimo è senz’altro quello si trova all’interno della propria famiglia. La tradizione religiosa ha spesso usato questo comandamento per insegnare ai ragazzi il rispetto e l’obbedienza ai genitori; prassi di per sé accettabile, ma che tuttavia risulta con il respiro corto e non pienamente aderente al senso del comando divino.
Una riflessione teologica più attenta ci spinge a inserire il quarto comandamento all’interno dell’antica società israelitica, ove il comando non si rivolgeva ai ragazzi ma agli adulti.
In pratica, nella famiglia israelitica erano presenti situazioni in cui i vecchi, gli anziani non erano in grado di sostentarsi e rischiavano spesso di essere abbandonati a se stessi se i figli non se ne facevano carico. Ecco dunque il comando di “onorare il padre e la madre”, dove l’ “onorare” sta per “dare l’onorario” ai genitori anziani, cioè garantire il sostentamento, assicurare il necessario per vivere e una degna sepoltura al sopraggiungere della morte. La prima prossimità della misericordia va concretizzata dentro la vita familiare.
Nella società del terzo millennio, dove esistono parecchie forme di assicurazione e di pensionamento, forse, molte volte, il senso sopra espresso appare superato; in realtà però, è anche vero che esistono casi di bisogno nei quali l’“onorare” assume tutto il significato di un sostentamento materiale. Ad ogni buon conto, oggi l’onorare il padre e la madre include tanti altri significati, quali il rispetto, l’attenzione affettuosa, la visita, la cura materiale e spirituale, l’atteggiamento dell’amore che allontana la tentazione di maledire i propri genitori, di insultarli, disprezzarli e deriderli, specie se perdono il senno della ragione, e di porre in essere, invece, gesti di misericodia.
E’ da notare, poi, che questo quarto comandamento, insieme al terzo, è l’unico formulato in termini positivi , a testimonianza del fatto che nella comunità israelitica la famiglia aveva un ruolo di forte rilevanza sociale, nel senso che era ritenuta “custode” e “garante”, soprattutto dopo l’esperienza dell’esilio e il crollo delle istituzioni sia civili che religiose, del patrimonio religioso del popolo di Dio e della sua trasmissione da una generazione all’altra.
Appare evidente, alla luce di questa lettura, come dal comando divino scaturiscano conseguenze ad intra e ad extra della famiglia. In un tempo in cui le trasformazioni sociali stanno mettendo in seria discussione sia il valore che il ruolo della famiglia, occorre che ogni uomo e donna si interroghi sulla “qualità” del suo rapporto genitoriale, perché sarebbe assurdo che egli esprimesse tutto il suo impegno in associazioni caritative, in gruppi di assistenza e di solidarietà , e poi non degnasse nemmeno di una visita i propri genitori soli in casa o i propri nonni, nel caso di giovani. L’interrogarsi della coscienza credente non potrà poi lasciare ai margini il discorso su “ciò che è famiglia” oggi, partendo non da presupposti politici, sociologici, giuridici ed antropologici, se pur anch’essi utili, ma dalla Bibbia, ove non bisogna certamente cercare a piè sospinto le ricette morali per la famiglia, ma il progetto complessivo che Dio ha su di essa per favorire la costruzione di una società fraterna e non violenta.
Quando San Paolo in Efesini 6,2 definisce l’onorare il padre e la madre “primo comandamento.. associato ad una promessa: perché tu sia felice e goda di una vita lunga sopra la terra”, è perché nell’ottica della fede cristiana il donarsi ai genitori è come una sorta di garanzia per il prolungamento in terra della propria vita, atteso che la famiglia non è una sovrastruttura ma una necessità per la tutela della società e quindi anche della Chiesa.
Quando si disgrega la famiglia, si corrompono le relazioni familiari, sicuramente ne vengono conseguenze disastrose per tutta la società.