Il maschio, “vittima” della procreazione medicalmente assistita. La rubrica del dottore Federico Mavilla

Federico Mavilla

Sapevate che l’Italia è agli ultimi posti tra i Paesi europei per tasso di natalità? Ebbene, se in alcuni casi ciò può essere legato a scelte, in altri, invece, il figlio, pur desiderato, non arriva. Si è visto che, in Italia, ogni anno, numerosissime nuove coppie hanno difficoltà ad avere figli, e che in circa la metà dei casi l’infertilità sia di origine maschile.

Nonostante, comunque, questi numeri, la sterilità è vissuta come un problema privato ed individuale, del quale si parla poco e male. Si possono leggere articoli, pochi in verità, in merito a questo argomento, che purtroppo nascondono la realtà di un problema che, se mal affrontato, può rivelarsi devastante per l’equilibrio della coppia.
Quando si considera infertile una coppia? Quando non si ha un concepimento dopo un anno di rapporti non protetti.
E’ bene considerare come possibile causa di “ difficoltà” a procreare lo spostamento in avanti dell’età media nella quale una coppia decide di procreare, e questo si lega al fisiologico declino della fertilità legato all’avanzare degli anni, ma esistono numerose altre situazioni patologiche e stili di vita che nel tempo possono influenzare negativamente la fertilità, sia maschile che femminile, come il fumo, l’obesità, l’ambiente, le malattie sessualmente trasmissibili e numerose altre patologie sia dell’apparato genitale sia di tutto l’organismo.
La concentrazione media di spermatozoi nella popolazione maschile generale è calata del 60% negli ultimi 70 anni e il numero dei maschi che producono un numero insufficiente di spermatozoi è passato dal 5 al 20% della popolazione.
Le cause di questa “epidemia”, oltre che allo stile di vita, vengono attribuite alla maggior libertà sessuale o alla diffusione nell’ambiente di sostanza nocive, tra le quali i diffusi “ distruttori endocrini”, agenti con effetto simil-ormonale diffusi nell’ambiente e negli alimenti.
Cosa fare ? La prima cosa è certamente la prevenzione, sempre invocata in ogni dibattito e inclusa in molte leggi, ma quasi mai praticata, basata su un’adeguata informazione, stili di vita sani e screening per la diagnosi precoce delle patologie.
La coppia infertile tradizionalmente si rivolge al ginecologo, figura competente a diagnosticare e trattare l’infertilità femminile. In ciò si annida il rischio di una sottovalutazione della componente maschile, spesso limitata ad una valutazione del liquido seminale, benché molte condizioni di infertilità dell’uomo, se diagnosticate, possono essere curate.
Purtroppo, nel campo della riproduzione, l’evoluzione delle tecniche ha portato a perdere di vista l’essenza dell’atto medico, che deve partire da una diagnosi.
Come è noto, oggi è possibile ottenere un embrione in laboratorio fecondando un ovocita con un singolo spermatozoo. La tentazione di ricorrere a queste tecniche, saltando la valutazione del maschio, porta ad una medicalizzazione esasperata della procreazione, oltretutto con uno dispendio improprio di mezzi, lasciando al maschio il solo ruolo di fornitore di un’imbarazzante provetta di seme.

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