IN PUNTA DI LIBRO……di Domenico Pisana. “Occasioni”: il libro dello scrittore catanese Mario Grasso. “Spasseggio tra flussi d’incoscienza e momenti civili, politici, religiosi d’inizio Terzo millennio”

Mario-Grasso

Copertina OccasioniRipensando a quando scriveva Seneca nell’ Epistulae ad Lucilium, 6,4-5, e cioè che Nullius boni sine socio iucunda possessio est”, mi sembra di poter affermare che alla base del libro di Mario Grasso, “Occasioni”, edito da Prova D’Autore, 2016, ci sia una grande voglia di condivisione di pensieri,

di emozioni, di riflessioni politiche, sociali, religiose e culturali maturate lungo il cammino della sua vita, che sicuramente rappresentano il possesso dii un “bene culturale, di un “patrimonio letterario” che, – se l’Autore non avesse deciso di condividere con la pubblicazione- , sarebbe stato consegnato all’oblio. Nessun bene è davvero bello, se non lo si condivide.
Mario Grasso, giornalista e scrittore, poeta e critico letterario nonché traduttore di testi e di brani dell’Eneide per un’antologia in edizioni Bompiani, è fondatore di riviste letterarie ed ha una vastissima produzione letteraria sia nel campo della narrativa che della poesia, sia in quello della saggistica e del teatro. Pregiato filologo, è anche un cultore del dialetto siciliano, e con queste sue “Occasioni” ci mette di fronte ad un testo che più che commentare nelle sue articolazioni, è da leggere, e chi lo leggerà si accorgerà che si commenta da sé.
Ed io l’ho letto, e mi sono divertito, non nel senso italiano del termine, ma nel senso del francese divertissement, “ri-creandomi” ed entrando nel complesso bagaglio culturale di un intellettuale che ha avuto e continua ad avere un rapporto davvero eccezionale con la scrittura.
Certamente quando si scrive, si usa la lingua, il linguaggio, la parola; e lo si può fare in modo aggressivo, livoroso, risentito, perfido, malevolo. Nulla di tutto questo nel libro di Mario Grasso, la cui scrittura è invece trasparente, lineare, veritativa, problematica, descrittiva, riflessiva, analitica e polemica, epistemologica e analogica, sempre maneggiata con il garbo e l’autorevolezza dell’intellettuale.
Questo libro si offre al lettore come un “grande mosaico” ove si intrecciano riflessioni che toccano la cultura, la politica, la Chiesa, la letteratura, la religione, i valori e i disvalori, tutte realtà guardate dall’Autore con occhio libero e privo di pregiudizi a prescindere, perché l’intento di Grasso, quando fa una analisi, non è avere ragione su qualcosa o su qualcuno, non è abbattere qualcosa o qualcuno, stare dalla parte di qualcosa o di qualcuno; l’obiettivo delle sue “Occasioni” è indurre e condurre a riflettere, a capire, a interpretare, ricorrendo all’ironia e all’umorismo, alla costruzione di generi letterari, come quello dell’epistola, al fine di dare un contributo alla costruzione democratica della società del nostro tempo.
In tutto questo io ravviso il forte impegno dello scrittore Mario Grasso; e dal suo libro “Occasioni” emerge non lo scrittore intrattenitore che è autoreferenziale, che si parla addosso e che scrive per se stesso; né il commentatore di mestiere, il “tuttologo” improvvisatore e superficiale come tanti ce ne sono oggi, né lo scrittore pontificatore che pensa e scrive in modo dogmatico, ostentando il possesso della verità, stabilendo dov’è il bene e il male, giudicando, emanando sentenze, assoluzioni e condanne.
Il libro “ Occasioni” ci mette a contatto con un autore che io – prendendo a prestito Noberto Bobbio – chiamerei lo scrittore “mediatore”.
In tutti gli argomenti che in questo libro Mario Grasso affronta, a me pare egli scriva e rifletta con l’atteggiamento di colui che si mette “in mezzo” (non “sopra”, né “al di fuori”), tra le “persone”, tra le cose, tra i fatti, tra i rilievi, insomma quasi a contatto diretto con la vita pubblica collettiva, e con una capacità di osservazione critica non comune, cogliendo, fra l’altro, anche strafalcioni linguistici e quant’altro: è divertente leggere, ad esempio a pag. 142, il “Disfando di Baricco”.
Le “Occasioni” di Grasso seminano dubbi, perché il compito degli uomini di cultura – direbbe sempre Bobbio – è più che mai oggi quello di seminare dubbi, non già di raccogliere certezze; ecco perché in questo libro l’Autore scrive con misura, ponderatezza, circospezione; valuta tutti gli argomenti prima di pronunciarsi, controlla tutte le testimonianze prima di decidere, e quando si pronuncia non lo fa mai a guisa di oracolo dal quale dipenda, in modo irrevocabile, una scelta perentoria e definitiva.
Trovo allora che questo libro è una testimonianza umana prima ancora che letteraria; è una analisi policroma di un periodo storico, dove la passione dell’intellettuale, dello scrittore, oserei dire del “civis ermeneuta” prevale sul letterato che può rischiare di apparire, a volte, distante e distaccato dalla realtà.
Certo, Mario Grasso fotografa un dato momento storico e “la fotografia, come direbbe il poeta Elio Pecora – ferma e ritrae per come vede e riflette l’occhio del fotografo”; ecco perché i vari testi di questo libro possono risultare, in alcune pagine e per certe riflessioni, opinabili, discutibili e anche non condivisibili.
Mario Grasso con il volume “Occasioni” dimostra di saper utilizzare la scrittura, la lingua, il linguaggio e la parola in modo poliedrico; del resto egli ha una lunga militanza culturale ora come docente, ora come scrittore e poeta, critico letterario, giornalista, polemista e, mi si passi il neologismo, anche quello di saggilemmarista, atteso che è autore di un “Saggilemmario” dell’italiano contemporaneo in due volumi per un totale di quasi 1000 pagine , ove l’autore ripropone un vocabolario della comunicazione che si aggiunge a quello generale-istituzionale e che – come si legge nella introduzione – “vi si sovrappone in qualche misura con il peso e il fascino della sua attualità proliferante” e mi fermo qui….Insomma quella di Grasso è l’esperienza di un grande scrittore-comunicatore che usa la lingua non per scrivere parole “sulla” vita ma parole “di” vita, che usa la scrittura non solo per “informare” ma soprattutto per “formare”, per “provocare”, per formare ad una cultura della verità e della comprensione della realtà sociale, culturale, morale politica, religiosa nelle sue dimensioni più profonde e complesse.
Il libro potrebbe dare, a prima lettura, l’impressione di una semplice antologia di scritti scelti e specialistici su temi che, di volta in volta, hanno stimolato l’intelletto dell’autore e, perché no, anche la dimensione emotiva del suo sentire; nella realtà, invece, costituiscono uno spaccato della società del nostro tempo nei suoi vizi, nelle incoerenze e contraddizioni, nella sua parte di bene e di male, costituiscono insomma – come l’autore ama ironicamente dire nel sottotitolo – uno “Spasseggio tra flussi d’incoscienza e momenti civili, politici, religiosi d’inizio Terzo millennio”.
E spasseggiando spasseggiando, si trova di tutto: dal cosiddetto porcellum, inerente alla legge elettorale, alla critica di certi neologismi contemporanei, tra i quali il “merkalare” (il riferimento è alla cancelliera tedesca Angela Merkel), al “renzeggiare” a ruota libera con decisioni fulminee e persino apparentemente imprevedibili”; dal miracolo di Gesù che trasforma l’acqua in vino ai cannoli di Cuffaro; dalla lunga lettera al prof. “Consolo che non è Consoli” al ricordo di Luciano Erba; dal “gufare” tanto amato dalla politica alla “mangiatoia” con riferimento alla “ querelle” che – scrive Grasso – “prese moto e pretesto dall’ alzata d’ingegno di un presi¬de lombardo che, stando alle cronache prenatalizie 2015, avrebbe proposto una non meglio identificabile ‘Festa d’inverno’ in sostituzione del Natale e dei suoi riti tradizionali in primis il presepio, cioè la greppia. Il tutto sull’onda lunga del rispetto per le tradizioni musulmane di tanti alunni e le emozioni generali per gli ancor recenti tragici esiti terroristici del barbaro attentato parigino. Ma senza escludere di alcuno qualche ‘revance’ subliminale di futuro politico-elettorale personale in funzione greppia (Presepio-mangiatoia)”.
Ecco, come si potrà notare, si tratta di densi quadretti che parlano di vita e che inducono a riflettere, come appaiono , altresì, “La lettera ai devoti” e la Lettera ai giovani maturandi, ed ancora tutti quegli scritti con i quali Grasso in modo elegante e raffinato entra in polemica con il Premio Campiello e il Premio Strega e con tutta quella realtà di premi e premiucci di cui l’Italia e la Sicilia risultano pieni.
Le “Occasioni” di Mario Grasso rivelano una loro consistenza culturale e problematica. Egli prende spunto da vari fatti ed eventi del nostro tempo; sono “Occasioni” che non pretendono di apparire letture sociologiche, analisi strutturali di comportamenti morali, né si presentano come parenesi con il sapore del predicozzo, quanto piuttosto come un “ascolto a voce alta della sua coscienza”, la sua coscienza di scrittore interprete dei “segni dei tempi”, esegeta colto e ricco di intuito, sostenitore di idealità e valori capaci di costruire un mondo civile, umano e di pace. Egli, in sostanza, mentre riflette sulle tematiche oggetto del suo interesse, si colloca in una prospettiva di servizio culturale ed educativo per la società del nostro tempo.
L’Autore non mi sembra interessato alla teoresi, al pensiero astratto ed asettico, quanto invece alla sua applicazione nell’esperienza quotidiana. Ed è per questo che egli fa ricorso a strumenti linguistici idonei a comunicare con immediatezza ed efficacia, ad un linguaggio non cavilloso ma affabulante, convincente, lineare ed aperto; anche la sintassi ha un andamento in climax, sempre dinamico, vivace, vario, accattivante; il tono è quasi sempre “esperienziale” e radicato nella sua coscienza ed interiorità; lo stile è comunicativo e caratterizzato da espressioni che danno l’idea di un dialogo ora sereno ora ironico, ora amichevole ora mordace, ora bonario ora insinuante.
Come già faceva lo scrittore Marziale, che con i suoi epigrammi si contrapponeva a quegli scrittori che infarcivano i loro libri di artificio, di retorica ed alchimie distanti dalla vita degli uomini, anche la pagina di Mario Grasso rifugge dall’artificio e dalla retorica e “sa di uomo”, e quindi di storia, di memoria, di affetti, di annedoti che lo hanno riguardato in prima persona; la sua pagina mira alla rappresentazione veritativa della realtà, osservata con uno sguardo vigile, schietto e disincantato e, nel contempo, partecipe, al fine di aiutare il lettore a comprendere i processi più nascosti degli accadimenti quotidiani in un quadro di “narrazione come vita”.
Le “Occasioni” di Mario Grasso costituiscono sicuramente un piatto appetibile per i lettori; forse qualche critico raffinato avrà da osservare qualcosa, ma stando a quanto scrive l’Autore in questo libro, è probabile che egli come Marziale sia più propenso a preferire che i suoi piatti piacciano agli invitati(i lettori)e non ai cuochi(i critici).
Le “Occasioni” sono il frutto di una “curiosità” intellettuale che ha portato l’Autore ad affrontare argomenti di vario genere, natura e valenza, donde la “varietas” delle riflessioni, con le quali dimostra di possedere cultura e competenza critica e si mostra capace di spaziare tra generi letterari diversi e di utilizzare vari livelli stilistici inframezzati da riferimenti autobiografici.
Grasso, insomma, scrive per comunicare e la sua capacità di padroneggiare le risorse della parola è veramente eccezionale, tant’è che riesce quasi sempre a rendere ogni argomento oggetto di una comunicazione linguistica essenzialmente lineare e coinvolgente. Egli trae senza dubbio la sua scrittura dal cuore – come direbbe Lucilio.
Mi piace concludere con le parole che Grasso scrive commentando il miracolo delle nozze di Cana, che trovo illuminanti in questo tempo di naufragio umano e spirituale nel quale stiamo vivendo, e precisamente quando l’Autore scrive: “Solo il miracolo della comprensione e dell’umiltà (Gesù non se lo fa dire due volte dalla madre, ma esegue perché ha capito che la festa stava andando in rovina), l’aiuto della saggezza può compiere il miracolo di rinnovare tutto. Ed ecco il vino migliore servito proprio per la fase finale del convivio, fase finale che non sembrerà più tale perché sui tavoli è arrivato un buon vino”.
Applicando questo esegesi dell’Autore alla complessità del nostro vivere sociale, sono da condividere le sue parole quando dice che il buon vino è il momento della crisi superato quando giunge l’ora delle riflessioni e dei bilanci, delle responsabilità morali e della misura della propria caplacita’ di mantenere e dare equilibrio. Il vino migliore è il miracolo della comprensione e del reciproco compatimento. Oggi c’è davvero bisogno nella nostra vita sociale di questo miracolo!

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