SAVERIO TERRANOVA : l’uomo, il politico, l’intellettuale e lo scrittore che “ha sempre fatto discutere di sé”

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Parlare e scrivere di Saverio Terranova, ora che egli ha lasciato la scena di questa mondo, significa dare attestazione della valenza di un personaggio rilevante e affabulante che ha segnato la storia politica, economica, sociale e culturale della città di Modica, essendone stato alla guida, come sindaco, per parecchie legislature.

Laureato all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, è stato, oltre che docente di filosofia e storia all’Istituto Magistrale e al Liceo Scientifico di Modica, un uomo politico e di governo, un personaggio invidiato, avversato per molte sue scelte anche da influenti ambienti cattolici ed ecclesiali della città, combattuto e denigrato, criticato e oggetto di calunnia, ma anche apprezzato, seguito, osannato, applaudito per la sua intelligenza politica, per le sue capacità dialettiche e , non ultimo, per le sue capacità scrittorie, atteso che ha pubblicato diversi testi: “L’arte della rinuncia. Uomini e fatti nel mancato sviluppo della provincia di Ragusa(1976); “Destino di una provincia: morire in un mare di petrolio”(1986); “La Pira e Mattei” nella politica italiana:1942-1962”(2001); “Dalla bottega all’impresa. Storia della piccola e media impresa nella provincia di Ragusa(2005); “Il costo del denaro per la pmi in provincia di Ragusa(2006).
La sua opera più corposa resta comunque il libro “Contributo alla storia di Modica dal 1945 al 2006”, pubblicato in due volumi nel 2008, cui si aggiunge anche la pubblicazione del romanzo “Una formica nera in una notte nera” del 2013, un romanzo autobiografico con cui Saverio Terranova dà di se stesso un’altra angolazione: quella del narratore che si volge verso il documento, divenendo scrittore di cose attraverso il ricorso al racconto letterario.
La sua morte arriva pochi giorni dopo la morte di un altro personaggio importante della città di Modica, il prof. Angelo Scivoletto, anch’egli intellettuale raffinato, politico impegnato nella Democrazia cristiana e che con Terranova visse molte conflittualità e scontri rimasti sempre all’interno della educata dialettica istituzionale, pur se forte e decisa.
Ci piace riportare una descrizione che di questi due personaggi fa fatto il Preside Nino Barone nel suo volume “Richiami”(2002), che mi pare onesta e garbata e priva di pregiudizi: “Saverio ha sempre fatto discutere di sé. Ha assunto scelte importanti e decisive per Modica, si è battuto per tutti e contro tutti, ha acceso entusiasmi e ha provocato reazioni violente. Lo hanno attaccato e calunniato ma è sempre uscito intatto, lo hanno accusato di corruzione e oggi, a oltre sessant’anni, vive solo del suo lavoro. Ha duellato con le sinistre e con il P.C.I., a difesa della sua D.C., e anche dalla sua D.C. ebbe amarezze e insulti, ma ha superato tutte le tempeste, vincendo quelle esterne e assorbendo quelle interne!( p. 59)(…) Saverio è stato lottato e non è difficile capire da quali gruppi. Per la sua cultura e capacità avrebbe meritato l’elezione al Parlamento. Gli nocque una certa alterigia ed un eccesso di sicurezza ma non bisogna dimenticare che aveva attorno a sé un ambiente privo di cultura che lo adulava e lo spingeva verso gli eccessi…( p. 64). (…)
Saverio e Angelo rappresentavano due mondi diversi, però, ciascuno per conto suo apprezzati a Modica. Saverio era la forza locale , nata e maturata nell’ambiente politico locale, Angelo era l’intellettuale modicano che si era affermato fuori, aveva dato lustro a Modica e aveva qui mantenute le sue radici. Il calcolo elettorale ci diceva che uno era forte a Modica , l’altro era forte fuori, nella circoscrizione…”(p. 68)
.
Il nostro ultimo colloquio con Saverio Terranova risale al dicembre scorso, allorquando in una telefonata mi diceva che stava mettendo mano ad una rivisitazione della sua “storia di Modica” e mi chiedeva delucidazioni in ordine a quanto da me sostenuto in alcuni capitoli e passaggi del mio volume “Modica in un trentennio”. Percorso di storia di una città in cammino 1980-2010.
Saverio Terranova ha senza dubbio attraversato la prima, la seconda e la terza Repubblica, ma è stato, sostanzialmente e sempre, un democratico cristiano, un uomo forte della DC, partito del quale è stato espressione nel suo ruolo di sindaco di Modica. Egli ha avuto un ruolo determinante negli eventi modicani di trenta anni ed è stato presente ancora altri dodici anni con un ruolo attivo nella vita della città. Ha dato molto, certo, ma ha anche commesso degli errori, che – come lui stesso afferma nella premessa contenuta nel suo libro sulla storia di Modica – , “spera che gli siano perdonati se tra di essi qualcosa di buono ha fatto per Modica”.
E di cose buone per Modica credo che Terranova ne abbia fatte, ed ogni modicano che lo ha conosciuto avrà modo di poterlo capire da se stesso. Sicuramente egli lascia una Modica che non è quella del periodo post bellico, 1945-1960, né quella del periodo 1960-1985, ma una città che si è assestata, è cresciuta pur in mezzo a tante mediocrità, contrapposizioni, contraddizioni e complessità.
La verità sull’operato degli uomini che hanno avuto responsabilità importanti non è certamente possesso di qualcuno, e vero mi pare, a riguardo, quanto scriveva Diodoro Siculo iniziando il libro XIV della sua “Biblioteca storica”, che anche lo stesso Terranova cita in premessa al suo contributo alla storia di Modica: “Tutti, come forse è naturale, – afferma Diodoro Siculo – ascoltano le accuse mosse a loro, perché anche quelli la cui malvagità è così evidente da essere innegabile, si adirano lo stesso quando vengono biasimati e cercano di giustificarsi dall’accusa. Perciò dovrebbero guardarsi tutti dal commettere una cattiva azione, specialmente quelli che aspirano all’egemonia o che hanno avuta una eccellente fortuna; perché la loro vita sempre al centro dell’attenzione trattandosi di persone in vista, non può nascondere il suo errore; sicché nessuno di quelli che hanno raggiunto una posizione di predominio speri di passare per sempre inosservato e di restare irreprensibile se commette gravi colpe. Perché, anche se da vivo sfugge al biasimo, si aspetti di essere prima o poi raggiunto dalla verità, che proclamerà con franchezza quello che si era taciuto a lungo”.
Per chiudere questo omaggio alla memoria di Saverio Terranova, desideriamo ricordarlo con l’ultima angolazione che egli ci ha lasciato di sé, ossia quello di narratore con il ricorso a un romanzo dal titolo “Una formica nera in una notte nera”. Il volume si muove tra storia e letteratura, ma l’intento dell’autore è stato più storico che letterario.
Quella che egli ci offre è, direi, una storia nella storia; una storia d’amore inquadrata nel contesto di una violenta contesa politica in una città di provincia. Questa contesa politica, che riflette palesemente esperienze autobiografiche in un dato contesto storico, e tutti sappiamo quanto la storia sia scienza del contesto, prevale sulla trama centrale del romanzo, che a tratti assume il valore di una testimonianza di un vissuto personale e diventa il tentativo letterario dell’autore di rappresentare ciò che in altri modi sarebbe irrappresentabile: lotte tra ricchi e poveri, tra classi sociali, tra aristocrazia borghese e classe popolare, tra lavoratori e proprietari, conservazione del potere e consumazione di ingiustizie, tragici episodi di morte che si susseguono in maniera sconvolgente con una coincidenza raccapricciante: “ad ogni successo della classe popolare una sventura si abbatte sulla classe aristocratica”.
Che ci sia in questo libro una oscillazione tra storia e invenzione letteraria è confermato dallo stesso Terranova, che nella sua premessa mette le mani avanti: “Se qualcuno si dovesse riconoscere in personaggi di questa storia, gliene chiediamo scusa, e assicuriamo che eventuali rassomiglianze sono assolutamente fortuite. Chiediamo scusa soprattutto a coloro che, per aver ricoperto cariche pubbliche o portato un nome illustre possono essere identificati in personaggi di questa storia. Le cariche sono reali: i personaggi inventati..”
In effetti, chi ha letto il romanzo alcune identificazioni le ha fatte, le ha criticate, ma non digerite.
Il rapporto fra storia e invenzione letteraria è dunque un motivo centrale di questo libro. Se il Terranova storico e uomo politico di Modica ricostruisce i fatti storici “dall’esterno” basandosi sulle sue informazioni documentarie e sui filmati della sua memoria, il Terranova romanziere li ricostruisce “dall’interno”, ricreando, con i mezzi dell’arte, i sentimenti, i conflitti interiori, le volontà, i pensieri, i discorsi dei protagonisti degli stessi fatti. Il ricorso all’invenzione letteraria risulta pertanto molto verosimile, rispettando, tuttavia, i dati storici ed evitando qualunque falsificazione “romanzesca” dei caratteri dei personaggi.
La storia di Franco, Marco, Milena, contenuta in questo libro romanzato , rivela anche un qualche intento polemico: quello di ridare vita a tutti quegli elementi del passato che spesso la storia ufficiale non ammette e che pure della storia hanno fatto parte.
Terranova “racconta e si racconta” tra verità e finzione, tra la verità degli eventi storici e la finzione della scrittura narrativa, che è propria, ma non solo, della letteratura.
E i temi che in questo romanzo egli affronta riguardano il mistero della sofferenza che si abbatte irragionevolmente sull’esistenza umana, il rapporto tra la realtà di un Dio sommo bene e provvidenza, quale il cristianesimo ce lo ha sempre presentato, e il problema del male nel mondo; il tema dell’uso del potere da parte della classe politica, il tema della gelosia, delle congiure, dei tradimenti, dell’invidia, dell’ambizione, che, da sempre, sin dall’antichità classica, sono stati al centro della riflessione letteraria delle tragedie greche; temi che attraversano in lungo e in largo la narrazione storica di Saverio Terranova, temi che ancor più prepotentemente, costituiscono “il tragico nella società di oggi”.
Tutto questo trova la sua espressione nella seconda parte del titolo del libro, dove Terranova usa la metafora della notte nera. Il grande dramma di oggi è il fatto che la politica è entrata in una notte oscura, nel senso che è divenuta fonte di tragedia, anzi essa stessa è una tragedia ove non c’è la grandezza né dei sentimenti né delle azioni che attraversava invece quella degli antichi e della modernità.
E’ un libro, questo di Terranova, in cui il politico e lo scrittore si incontrano e si scontrano, si intrecciano e si distanziano, si attraversano e si condizionano.
La domanda che viene spontanea è la seguente: perché Saverio Terranova lo ha scritto? E’ una domanda semplice, la stessa che, ad esempio, si poneva Primo Levi quando si chiedeva “Perché si scrive?” A quest’ ultima domanda non è facile rispondere, perché – come sostiene sempre Primo Levi – non sempre uno scrittore è consapevole dei motivi che lo inducono a scrivere, non sempre è spinto da un motivo solo, non sempre gli stessi motivi stanno dietro all’inizio ed alla fine della stessa opera. Probabilmente le motivazioni di Terranova hanno affondato le radici nel suo bisogno di stigmatizzare un particolare quinquennio storico caratterizzato da vaste zone d’ombra sul piano politico, dove solo con il ricorso alla letteratura, al genere del romanzo, lui è stato in grado di penetrare.
La città di Modica vede la scomparsa di una persona che, al di là di tutto, l’ ha servita non per arricchirsi ma per farla crescere. Ognuno sa se è riuscito in questa causa; ad ogni buon conto, noi da credenti lo salutiamo con le parole di Ovidio: Saverio, “abbiti come regalo il cielo”!

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