IN PUNTA DI LIBRO…di Domenico Pisana. L’umanesimo, l’amore, il sogno e l’introspezione nella silloge “I segreti dell’anima” del poeta rosolinese Giuseppe Blandino

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copj170.aspUn’emanazione di interiorità necessitata da dinamiche introspettive emerge con forza dalla silloge “I segreti dell’anima” del poeta rosolinese Giuseppe Blandino, Edizioni il Convivio, 2015, ove il verso si dispiega con una modulazione del sentimento molto decisa e determinata a stabilire un circuito comunicativo con il lettore.

Il titolo della raccolta è fortemente indicativo della sensibilità di un autore che non gioca con le parole, ma che fa delle parole un “luogo dell’anima”, un altare dove il rapporto con la coscienza sa essere scevro da alchimie per lasciare spazio alla voce più profonda che parla dentro l’intimità più segreta. Se i temi che si snodano lungo il percorso del testo possono apparire occasionali, in realtà Blandino riesce ad unirli con un filo che è quello della sua percezione interiore, di una coscienza che tende a concepirsi e riscoprirsi come il volto interiore dell’uomo, se è vero – come afferma il libro del Siracide, cap. 13,25 – che “il cuore dell’uomo si riflette nel volto” .
Giuseppe Blandino è un autore per il quale la poesia non sta solo nel ritmo e nel verso ben costruito, né nel solo contenuto che può essere lirico, descrittivo, analogico, allusivo, connotativo, esortativo, morale, sociale, satirico, contemplativo, estatico, filosofico, etc…
Per esserci poesia e poeta ci vuole “ben altro”, afferma Blandino! Ci vuole l’anima, non come entità astratta, concettuale, filosofica o teologica, non come luogo solipsistico ed intimistico per sfoghi psicologici, ma come “luogo di abitazione della coscienza”, come “altare” dal quale la poesia si innalza come  voce di canto:  “nescit vox missa reverti”, diceva  Catone,  cioè una voce di canto che, una volta emessa, non può più tornare indietro. E sufficiente, a riguardo, leggere la poesia “Il poeta”, dove l’autore così si esprime: “ Il poeta scava / in mezzo alla gente / nei sotterranei della solitudine, / disegna immagini di fantasia / e mette il cuore nelle parole. / S’addentra nelle strade buie / guarda in faccia la vita / la scruta e va oltre. / È una brezza confortevole / nell’afa soffocante / e i suoi versi sono lo specchio / di volti senza trucco. / Il poeta è uno / che espia la colpa / cercando parole pure e rare e con esse / si consegna al destino / della poesia”.
Insomma, il poeta, secondo Blandino, è un uomo che “mette il cuore nelle parole” e che cerca non parole qualsiasi o di circostanza o di captatio benevolentiae che facciano piacere alla massa, ma “cerca parole pure e rare” e con esse “si consegna al destino della poesia”.
Ecco perché il poetare è scomodo al mondo, perché – come si legge in un’altra poesia del libro “l’uomo si è consegnato alla massa / il cielo pensa a sé stesso / e il poeta si sente disperso in quest’arida terra /i cui frutti lasciano l’amaro in bocca(…)Senza poesia siamo automi standardizzati / e non solo il pensiero, anche il cuore / oltre ad essere muto è omologato”.
Giuseppe Blandino, dunque, sa bene, ha intuito chi è il poeta e dove sta la poesia, ma è molto rigoroso e critico con se stesso. Basti leggere, ad esempio, anche la poesia “I poeti veri”, per capire come l’autore stesso pur essendo abitato dalla poesia – direbbe Neruda – si sente molto distante da essa, si sente quasi non all’ altezza, tant’è che dice nei sui versi: “Le mie poesie non sono / come il sole che splende, / come la luna che la notte illumina / o come un fiume che va / verso il mare. / Scrivo versi che portano / la pazienza / quando il fiato è corto / e rallentano il cuore / quando corre / come un cavallo pazzo, / sono l’involucro / della mente piena, / piena di niente, / la gora delle macerie / e le parole sono /vita in frantumi / come un vaso di terracotta / caduto dal terrazzo….”
Nei suoi versi Blandino ingloba natura, sentimento, anima, ritmo, melodia, metafore, immagini, allusioni, vita vissuta: ogni segreto della sua anima si svela. Ed è uno svelamento portatore di una antropologia poetica, ossia di un visione specifica dell’uomo contemporaneo, che pervade tutta la raccolta. E’ la visione di un uomo che vive con “il cuore impietrito e spenta ha la voce”, di un uomo che “vive di vita apparente / senz’anima”…. E’ ancora l’uomo che vive “ senza sonno / senza pace nel cuore / ad aspettare un incanto, / un lampo di genio, / un respiro / nel sentiero del sole “(da: “Il sentiero del sole”). E’ altresì l’uomo che vive di segreti e segreti, di segreti che danneggiano e di segreti che sublimano il suo essere: i segreti profondi altro non sono che ricordi che possono accrescere o diminuire il desiderio di rifare determinate esperienze.
L’uomo dei versi di Blandino è uno che “muore ogni giorno senza argomenti”, che “ ruba agli altri il colore e dice che il nero è bianco e li uccide dentro”; è l’uomo che “ogni giorno muore sotto le bombe dell’egoismo e cammina come ombra vagante”. Quelli di oggi – scrive il poeta – sono uomini / che parlano,/ parlano, parlano/ e catturano/ seguaci; altri piangono,/ piangono,/ piangono e il pianto /leviga il selciato;/ altri ancora scrutano/ silenziosi / e non dicono / nulla”. Quello di oggi è, insomma, l’uomo “ancora primitivo, / inaffidabile oltre misura”, che richiama l’uomo della pietra e della fionda di quasimodiana memoria, e che “Né Cristo né fede / né nuovo innesto e né trasfusione (gli) hanno cambiato il plasma”.
La poesia di Blandino, come si evince da queste citazioni, tende a “denudare la maschera” che, più o meno consapevolmente, ciascun uomo sceglie di indossare, ed ecco perché l’ anima del poeta è una “spia” accesa sulla strada della complessa ricerca dell’autenticità accasata, spesso, solo nel segreto dell’anima ove – come si legge nei suoi versi – egli cammina “con la testa alta/ e lo sguardo rivolto a Dio”.
Ecco, allora, che la coscienza del poeta si invola su altri piani che, sicuramente, riescono a dare ad essa un’identità di bellezza, di trascendenza, un patina divina, grazie alla quale l’autore si accontenta di essere “una candela accesa,/ una fiammella / che può fendere il buio/ e schiarire le ombre brumose”; ed è per questo che egli aspira a “rivestire di carne il cuore / e spargere semi buoni / sulla terra”. Sembra risentire le parole del profeta Geremia allorquando dice: “Toglimi Signore il cuore di pietra e dammi un cuore di carne”, e ancora quel testo biblico in cui il salmista proclama: “Guardate al Signore e i vostri volti diventeranno raggianti”.
Da un cuore di carne – dice il poeta Blandino – può venire un “tempo migliore”, un tempo nel quale mentre “Nei dedali del mondo / si disperdono i sogni / e le speranze respirano a stento”, mentre “Nei dedali del mondo / nessuno porta una fiaccola / e sotto un cappello spergiuro / c’è chi prende per sé per due o per tre”, si trova anche “chi resta in silenzio / o chi sente / una voce che chiama / e prende la strada / per un tempo migliore”.
L’amore è un’altra componente lirica di questa raccolta. E che cos’è l’amore per il poeta Blandino! Non è eroismo ma un sentimento complesso che muove la vita, e due testi sono emblematici per capire il pensiero dell’autore: “Oltre la ragione” e “La strada dell’amore”. L’amore per il poeta è silenzio, respiro, attrazione, gioia e pena, pane che sazia, fedeltà, sincerità, coltivazione. Colpiscono molto alcuni versi da cui trasuda sofferenza e bruciore: “…Quante volte l’amore tira colpi / brucianti/ come spari di pistole ai fianchi…”; “…Io e te, amore,/ siamo due cuori /in apparenza…”; “…Nella strada dell’amore/ c’è sempre uno/ che si lecca le ferite /e piange da solo”. Sono versi tagliati con dolore, con la consapevolezza della fragilità dell’amore, ma non mancano orizzonti distesi in cui l’amore viene trasfigurato nella sua bellezza, nel suo respiro vitale, nella sua capacità di attrarre, di provocare sentimenti, emozioni, e di “far sussultare” il cuore piagato.
Il rapporto di Blandino con la sua terra rosolinese e siciliana è, infine, un altro dato ispiratore della terza parte della raccolta. Qui il verso si abbandona alla descrizione, senza tuttavia perdere il piglio lirico, e la modulazione delle immagini fa risaltare luoghi, oggetti, ricordi, affetti, filmati memoriali in un fluire magmatico nel quale Rosolini, città del poeta, viene cantata nella sua “storia di vita grama / di uomini con la schiena piegata”, ma anche come terra di fede, di onestà, di devozioni, di gente che “trabocca d’ardore”, una terra in cui “l’ombra si squarcia, / all’orizzonte si staglia una scia / e un’eco d’orgoglio / si spande nel tempo”.
Blandino è un poeta che vive la poesia come introspezione e che accarezza il sogno di un’ umanità alla ricerca di valori genuini , che sa ritrovarsi nel volto degli amici ( e nel mio mare / veleggia un po’ del vostro amore) e che, nonostante una certa patina di pessimismo, esprime il bisogno di un mondo migliore. I temi della sua poetica oscillano tra il privato e il sociale, e lì dove toccano la sfera più intima si strutturano come meditazione dolente che stigmatizza le percezioni più profonde della vita con uno scavo psicologico di forte intensità.
Il rapporto luce-tenebre, gioia-dolore, illusione-speranza aleggia sulla versificazione di Blandino ponendo “domande di senso” (“convinco me stesso/ che la vita non è/ un tiro mancino / e la medaglia ha sempre / due facce,”…) e schiudendo orizzonti dove basta un semplice “respiro d’aria nuova” per approdare verso lidi di serenità e per “sognare anche sotto / le nuvole nere / che il cuore è un campo di fiori”.
La poesia di Blandino si muove, senza dubbio, all’interno di coordinate metafisiche che fanno della sua raccolta un fiume di pensieri che scorre con una versificazione che si snoda come “poesia ininterrotta”, dove l’oscillazione tra interiorità ed esteriorità, tra turbamenti e ricerca della pace, tra incanto e rapporto con la quotidianità giuoca un ruolo determinante.
Molte poesie sono avvolte in un’atmosfera ora cupa ed abbuiata, altre volte sorrisa di sole e di gioia, ma tutte percorse da una macerazione interiore e da un anelito di liberazione e di pace; il poeta scava nel segreto più profondo della sua coscienza e anche quando si rinchiude nel privato dei suoi sentimenti, c’è nella sua poesia una forza sintagmatica che si snoda con un respiro universale ed originale.
C’è, in sostanza, nei versi del poeta rosolinese, una convergenza in un esistenzialismo di tipo heideggeriano in cui il senso della vita e della morte, la speranza e il destino dell’uomo, la caducità dell’essere, il futuro e il valore del tempo, la solitudine e il dolore si accampano come motivi portanti della strutturazione teleologica delle silloge.
“Io voglio credere / a un nuovo giorno / senza bocconi amari” afferma il poeta, quasi a volere esorcizzare questa fragilità esistenziale che scorre lungo le sue pagine e che legge la vita umana nelle sue contraddizioni, nei suoi giudizi, nelle sue solitudini e nei suoi tormenti; la poesia diventa così, per l’autore, uno strumento di espiazione , uno terapia dell’anima e un’arpa che vibra nel suo cuore per cantare in versi la fantasia della vita.
Dall’inquietudine, alla speranza, al sogno: è in questo passaggio che le sue liriche acquistano un fascino particolare ed una prospettiva esistenziale ove i colori, le luci, l’amore, i segreti, la terra, gli slanci d’un cuore che sa sperare e stupefarsi si armonizzano in un dinamismo poetico che sa cogliere i valori etici dell’itinerario umano, intrecciare ricordi, emozioni e silenzi, caducità ed eternità, mito e realtà. Quelli di Blandino, in buona sostanza, sono versi che fermano lo sguardo su affetti e sul realismo della quotidianità, che viene guadagnato alla lirica con un linguaggio necessitato dal bisogno di libertà e armonia; le sue liriche ricreano l’usuale, lo plasmano e lo rivestono di tensione creativa, dando così vita ad un poetare che non esula dalla realtà ma che coglie la verità delle cose e che si colora dei toni dell’amore e della terra. E, così, in questa atmosfera, poesia e vita si intrecciano armonicamente divenendo itinerario lirico.
Ed è con queste aspirazioni che l’autore si offre ai suoi lettori, perché sappiano cogliere il senso di un’esperienza poetica che si prefigge, attraverso immagini, miscele di sentimenti, di affetti, di umori e di dissensi, di rappresentazioni di luoghi, oggetti e figure, di dare voce al cuore e al sentimento, contribuendo a valorizzare il legame affettivo uomo-natura, terra-esistenza, con la certezza che “là dove s’inventa un canto / o si mette in versi la fantasia/ la vita è sempre poesia”.

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