Casa Don Puglisi, Modica. Con il Seminario e fra Giuseppe la messa di ringraziamento per il Giubileo «Anche Dio piange, perché attende e non pretende»

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«In siciliano si dice: si chiuri na porta, si rapi un mpurticatu (si chiude una porta, si apre un portone)»: alla fine della messa di ringraziamento per il Giubileo nelle porte sante della carità (a Modica la Casa don Puglisi e il Boccone del povero) è stato lo stesso fra Giuseppe, scherzando un poco, a dare il senso di una conclusione che non chiude, ma rilancia l’invito a cogliere e accogliere la misericordia di Dio. Fra Giuseppe Maria Pulvirenti nel 2000, lavorando in banca a Scicli e cercando un luogo dove vivere quell’anno santo,

ha scoperto la Casa don Puglisi e ha iniziato a fare volontariato. Man mano ha maturato una vocazione più radicale, ed è diventato frate minore rinnovato, vivendo attualmente a Napoli, nella periferia tra Caivano e Scampia. Diventando prete lo scorso aprile, prima è voluto tornare alla Casa don Puglisi a varcare la Porta santa e adesso ha presieduto l’Eucaristia di conclusione dell’anno santo, insieme al rettore del Seminario don Luigi Vizzini e ad altri presbiteri (a iniziare da don Stefano Modica, direttore spirituale del Seminario ma da poco parroco moderatore nella comunità di parrocchie ove è collocata la Casa). Commentando il vangelo del giorno, che parlava di Gesù che piange per Gerusalemme, ha ricordato come Dio piange, piange per la nostra resistenza, ma piange anche perché Lui non costringe, può solo invitare, attende e non pretende … E però ci dice anche qual è la possibilità: la sua visita! Fra Giuseppe ha fatto un forte, accorato, appello ad accogliere questa visita, a trovare – ha citato un neologismo di papa Francesco – nel lasciarsi “misericodiare” da Dio quella pace che poi permette di spendersi per i fratelli. E le sue parole risuonavano profondamente vere, integre. Ancora, ha ricordato come per Dio ogni persona e ogni popolo è guardato con una misericordia che vuole raggiungere anche l’uomo più peccatore e, se poi Dio chiede ai “suoi” di più, è perché vuole renderli partecipi dei suoi stessi sentimenti. Anche don Luigi Vizzini, alla fine della messa, ha sottolineato come oggi sia importante una preghiera che sia tutt’uno con la vita e una vita che sia tutt’uno con la preghiera, per poter sperimentare la pienezza della gioia. La messa era stata preceduta da un incontro con il Seminario, in cui fra Giuseppe aveva chiarito come, quelli che nella Bibbia sembrano atteggiamenti contraddittori di Dio (ora l’ira, ora la misericordia), in realtà sono come i due angeli agli stipiti dell’arca santa: orientano a comprendere il vuoto intermedio come l’impossibilità di farci un dio scolpito da noi, restando piuttosto aperti a come Dio vuole rilevarsi e a quello che ogni volta vuole dirci. Per diventare suo segno! Dopo la messa Dio si è ancora fatto conoscere … nei bambini della Casa che in quest’anno santo hanno attualizzato le opere di misericordia nelle “casette della misericordia”, che ora sono state tutte messe in una Casa rossa più grande: la Casa del cuore! Ecco: il portone che si è aperto è la consapevolezza che la vera Porta santa è quella del cuore; è il metterci il cuore in quello che si fa, soprattutto quando si ha cura educativa e sociale. Messaggio che la Casa rilancia alla città, partendo da quanto della Casa ha detto un bambino partecipando alle attività per il nuovo presepe della città: «è luogo dove famiglie incontrano famiglie…». Ecco la meta: che ogni famiglia che può, sia accanto a una famiglia ferita. E così si mostrerà al mondo il Cuore di Dio …

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