La prima in Sicilia de “Il Dolore Pazzo dell’Amore” di e con Pietrangelo Buttafuoco e Mario Incudine ha aperto ieri sera la stagione di prosa della Fondazione Teatro Garibaldi. Mai opera così densa di sicilianità poteva avere la pretesa di tagliare il nastro ad un cartellone assai ricco e variegato. Ricco di significato e valori come questa rappresentazione che è la traduzione fedele di una serie di racconti, percepiti nell’infanzia e nella età adulta, che lo scrittore siciliano di Agira ha dato alle stampe (edizioni Bompiani) tre anni fa.
La conferenza stampa nel foyer del Teatro Garibaldi che ha preceduto la messa in scena ha visto Pietrangelo Buttafuoco e Mario Incudine discettare sulle direzioni di un testo già molto apprezzato dal pubblico e dalla critica.
No. Non è la Sicilia dimessa e dismessa, silente e complice, piagnona e succube, vittima e sacrificata. E’ la Sicilia degli aneddoti, delle leggende e dai personaggi che emergono dai luoghi della memoria: le preghiere che portano doni e dolcetti; i diavoli, gli angeli, i re, le ninfe, le regine e i vescovi di una mille e una notte che prima di essere un libro è il teatro della vita popolare, in cui passato e presente si mescolano in un rabbioso andirivieni.
Pietrangelo Buttafuoco si è accostato alla recitazione teatrale supportato da un grande musicista e artista del palcoscenico: un Mario Incudine che nel ruolo di cantastorie non ha uguali per intensità di racconto, per musicalità e per una mimica che vale più delle parole. Accompagnato dal talento di Antonio Vasta, al pianoforte e all’organetto, la piéce conquista giocoforza il pubblico, dopo aver attratto quello romano al debutto nazionale al Teatro Vittoria.
“Il Dolore Pazzo dell’Amore” è un grande atto d’amore per l’isola ovvero una Sicilia capace di soggiogare il pubblico con un calore antico, lasciando al contempo i giusti margini per un’osservazione attenta, acuta e all’occorrenza anche ironica della realtà.
Un po’ spettacolo musicale, un po’ ritratto ombreggiato delle tradizioni musicali sicule e del loro peso nella memoria collettiva, un po’ saggio di affabulazione con cui la vibrante voce di Buttafuoco, giocando pure con la musicalità del dialetto, si guadagna progressivamente l’attenzione degli spettatori. Sino al punto di coinvolgerli come cornice di uno spettacolo che parla lo stesso linguaggio di chi assiste perché pizzica i nervi del ricordo di un tempo che fu in Sicilia. Prima dell’apertura del sipario, il direttore artistico della stagione di Prosa, Carlo Cartier, il Sindaco, Ignazio Abbate, il sovrintendente, Tonino Cannata, il vice presidente della Fondazione Teatro Garibaldi, avv. Peppe Polara e il direttore artistico della stagione musicale, Giovanni Cultrera hanno dato il loro benvenuto e saluto agli spettatori che anche quest’anno hanno confermato con la loro presenza la bontà dell’offerta culturale che la Fondazione Teatro Garibaldi ha proposto.