Meningite : è necessario il vaccino? La rubrica del dottore Federico Mavilla

federico mavilla

La meningite è un’infiammazione delle membrane che avvolgono il cervello e che colpisce anche il midollo spinale. Purtroppo l’allarme in Italia, dopo i casi registrati nelle scorse settimane in Veneto e che avevano acceso l’opinione pubblica scatenando paure incontrollate di una possibile epidemia, non accenna ad attenuarsi, anche se gli esperti buttano acqua sul fuoco. Oggi gli esperti sono concordi nel ritenere che non sia necessaria una campana di vaccinazione di massa e che la diffusione della malattia sia sotto controllo.

Quello registrato nel trevigiano, responsabile di almeno tre decessi, infatti, era un focolaio unico: nove persone sono state contagiate dallo stesso batterio e nello stesso luogo, un locale pubblico. Ma, secondo gli esperti dell’Istituto Superiore di Sanità, si tratterebbe di un fenomeno ormai in via di attenuazione. I casi di meningite registrati nel nostro paese negli ultimi due mesi sono assolutamente nella norma e i cittadini non devono allarmarsi, ha recentemente dichiarato la direttrice del Centro nazionale di epidemiologia dell’Istituto Superiore di sanità, Stefania Salmaso. In Italia si registrano circa 200 casi di meningite meningococcica ogni anno, circa 4-6 ogni milione di abitanti, meno che nel resto dei Paesi europei. Va ricordato inoltre che la meningite può essere causata anche da altri batteri, come lo pneumococco e l’Haemophilus influenzae da alcuni virus, anche se in questo caso di solito è meno pericolosa.
Ma come si diffondono i batteri che causano la meningite? I luoghi affollati e il contatto strettissimo tra persone sono i veicoli preferiti dagli agenti patogeni. Circa il 10% delle persone è portatore del meningococco senza avere mai nella vita alcun problema di salute; di questi solo l’1% ha un rischio significativo di sviluppare la malattia. La gran parte dei casi di meningite in Italia è rappresentata da casi isolati e sporadici, i focolai epidemici che improvvisamente si accendono attorno a un luogo o ad una persona sono piuttosto rari: negli ultimi sette anni in Italia si sono verificati 48 di questi focolai (del tutto simili a quello scatenatosi in Veneto) e solo in questi casi la sanità pubblica interviene con campagne di vaccinazione destinate alle persone che sono entrate in contatto col soggetto malato o nel luogo che è stato l’epicentro del focolaio.
Da sfatare, dunque, le numerose leggende metropolitane che sono circolate negli ultimi giorni: il batterio non ha nulla a che vedere con gli immigrati, scambiarsi i bicchieri con un immigrato non aumenta il rischio di ammalarsi di meningite; inutile, anzi dannosa per la salute pubblica, la corsa al vaccino che viene, dal 2006, offerta ai neonati in dodici regioni, è inserita nel Piano di Vaccinazioni nazionale e si rivela inutile per gli adulti a meno che non avvenga in particolari casi di focolai epidemici e sotto il controllo della ASL di competenza.
Certamente la meningite meningococcica è molto pericolosa e l’unica strategia efficace è intervenire tempestivamente con gli antibiotici. Di solito la malattia ha un esordio acuto, talvolta addirittura fulminante. L’evoluzione è comunque rapida: si ha febbre alta e mal di testa (dovuto all’aumento della pressione endocranica), talvolta vomito indipendente dall’assunzione di cibo. Possono manifestarsi anche disturbi del sensorio, dello stato di coscienza e della vigilanza fino al coma. Un tratto caratteristico è la rigidità del collo per una contrazione nervosa: il soggetto colpito non riesce a toccare il torace con il mento. Nei casi più gravi, quando il batterio ha raggiunto il sangue e dà origine a una setticemia, si manifestano chiazze cutanee esantematiche.
Il dato fondamentale, quindi, è la tempestività della diagnosi. Con sintomi che facciano sospettare la meningite meningococcica si esegue una puntura lombare per analizzare il liquor e si comincia subito un trattamento antibiotico. Si tratta infatti di una vera e propria urgenza infettivologica. L’esame chimico e microbiologico darà poi la conferma della presenza o meno di meningite e fornirà l’antibiogramma, cioè la sensibilità del batterio agli antibiotici. Se il paziente risponde al trattamento, di solito migliora in pochi giorni anche se la cura andrà somministrata ancora più a lungo. Purtroppo non sempre si arriva in tempo: il tasso di mortalità è del 10-12%, in linea con gli altri Paesi europei.
La diffusione del batterio è per via aerea, attraverso le goccioline di saliva che si trasmettono quando le persone sono a non più di un metro di distanza. Pertanto tutti coloro che sono stati vicini agli individui infettati dovrebbero essere sottoposti a profilassi antibiotica, che è semplice ed efficace. La chemioprofilassi è opportuna soprattutto quando il contagio si manifesta in luoghi chiusi come una scuola o una caserma.
Può essere utile vaccinarsi? Non nell’immediatezza del contagio. Esistono però due vaccini ai quali si può ricorrere come copertura generale: esiste un vaccino quadrivalente (contro 4 dei 5 sierogruppi del batterio Neisseria:A, C, W135 e Y), adatto per gli adulti, soprattutto alcune categorie a rischio. Vi è poi un altro vaccino per l’infanzia, monovalente contro il sierogruppo C, che è all’origine di circa la metà dei casi da meningococco in Italia. L’altra metà è da sierogruppo B, contro il quale  esiste vaccino. Teniamo presente che si tratta di un’infezione che colpisce al 50% sotto i 17 anni e al 30% sotto i 5.

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