MODICA – «Riparto da oggi. I quasi dodicimila consensi avranno una rappresentanza. Mi è statò già assicurato, anche se non posso dire ancora a quale livello». Nino Minardo, il più votato in città, ma anche soccombente a Leontinì nella lotta tutta interna a Forza Italia, appare sicuro e tranquillo. Dalle sue parole traspaiono soddisfazione, ma anche certezze e qualche punta di veleno. «Ho lottato contro la sinistra, e questo era messo in conto, ma qualcuno ha giocato sporco, soprattutto nel mio partito. Nonostante tutto, prima campagna elettorale, giovane età e gioco sporco, ho raccolto appena duemila voti in meno di un assessore regionale e questo deve far riflettere, non certo me, ma l’interessato».
Fin qui Nino Minardo, che entra con i suoi consensi a pieno titolo nell’agone della politica cittadina. Tutto da verificare se farà gruppo a sé con quei consiglieri comunali, Di Giacomo e Rizza, che lo hanno sostenuto, o resterà nella stessa area dello zio Riccardo. Di certo si apre una nuova fase in città e a palazzo San Domenico, anche alla luce della "rappresentanza" che Minardo ha chiesto e che gli è stata assicurata.
Il voto in città apre altre prospettive anche nell’Udc. Drago ha spostato, con una manovra dell’ultima ora, le sue pedine su Orazio Ragusa, dopo aver dato indicazioni per Concetta Vindi-gni. I voti raccolti da Ragusa a Modica (2331) ne sono testimonianza. Drago raggiunge due obiettivi in un sol colpo: si ritrova con un candidato che fa riferimento a lui e lo aiuta, tra l’altro, a ricomporre la frattura interna alla segreteria modi-cana, dove Giuseppe Lavinia e Giorgio Aprile si erano schierati con il neo parlamentare sciclitano. Drago, tuttavia, è pressato dai suoi perché Modica, città di fede Udc e suo primo bacino elettorale, abbia una rappresentanza a Palermo. È proprio per questo che, nei prossimi giorni, Drago chiederà con forza a Cuffa-ro di cooptare Piero Torchi nella giunta di governo. Per la città vorrà dire commissariamento e corsa aperta verso le nuove amministrative, peraltro naturalmente in scadenza a maggio.
Il centrosinistra si lecca le ferite. Nonostante i buoni consensi ottenuti, Vito D’Antona e Antonio Borro-meti hanno dovuto cedere il passo, soprattutto per l’incapacità di raccogliere consensi fuori. Borrometi aspirava a 5000 voti, ma si è fermato a poco più di tremila, con D’Antona che fa altrettanto. La competizione non ha pagato e la sinistra de ve rifletter e anche in funzione delle prossime amministrative, ricucendo uno strappo che si allarga. La delusione maggiore è tuttavia nel centrodestra, con An che arriva al minimo storico con appena 663 voti.
Duccio Gennaro