A proposito dei “ furbetti” del cartellino. La rubrica del dottore Federico Mavilla

federico mavilla

In verità, sarei più propenso a definirli non furbetti, ma farabutti, che, dizionario alla mano, vuol dire: persona senza scrupoli, capace di qualsiasi slealtà. Oppure, “truffatori del cartellino”, in quanto,

codice alla mano, nella migliore delle ipotesi, chi falsifica la propria presenza sul posto di lavoro sta commettendo quantomeno una truffa. Ma furbetti proprio no. E’ bene non banalizzare un tale modo di fare, in quanto chi contribuisce con il proprio comportamento criminale a compromettere la sostenibilità del nostro Servizio Sanitario Nazionale, mette a repentaglio la vita delle persone. Le parole sono importanti e hanno conseguenze. Come i silenzi.
Non si contano più gli episodi, in ordine di tempo, di un lungo elenco che non conosce differenze di latitudine e che ha precedenti illustri in larga parte della Penisola. Si evidenzia, sempre, come il virus dell’assenteismo organizzato riesca a diffondersi facilmente, tra medici, infermieri, impiegati, tecnici, addetti al controllo delle presenze. Non può che definirsi una situazione vergognosa che fa male al cuore e alla dignità della nostra penisola. Cosa dobbiamo aspettarci ? Certamente provvedimenti forti contro comportamenti definibili indecenti e immorali, è dir poco!!
Gli effetti di questi reati non si misurano, ormai, solo nel danno erariale o nelle performance dell’ospedale interessato, struttura dove pure lavorano professionisti apprezzati. Purtroppo tutto ciò genera sfiducia. E la sfiducia, è il peggiore dei mali nel rapporto tra cittadini e istituzioni. Genera diffidenza e, con essa, selezione avversa che, nel tempo, demolisce un intera comunità. C’è tutto questo, e molto di più nel gesto criminale di strisciare il badge di qualcun altro o nel lasciare impunemente il posto di lavoro, casomai per andare a lavorare per la concorrenza privata. C’è il crollo reputazionale di un territorio, di una comunità, di un sistema. C’è chi propone sistemi di rilevazioni particolari e sofisticate, ma questi, da soli, non risolvono il problema. L’estro dei professionisti dell’assenteismo non conosce confini , infatti sicuramente, troveranno sistemi alternativi di fuga da porte secondarie, locali di servizio. La repressione limita, ma non risolve. Occorre recuperare il senso smarrito del bene comune, dentro e fuori il sistema sanitario.
La domanda naturale che ci si pone è: ma com’è possibile che sistematicamente mancando un numero non indifferenti di dipendenti, nessuno se ne accorge? La risposta è nel germe della sfiducia e della perdita di reputazione. Ci siamo assuefatti all’incuria, siamo preparati all’inefficienza, non ci indigniamo più per lentezze e le carenze di una struttura pubblica. Insomma, per quanto indotti a preferire il privato, o peggio, rinunciare alle cure, la colpa dei farabutti del cartellino, è anche la nostra. Chi non si oppone, chi non protesta per una lista di attesa irragionevole, per una fila lunga a uno sportello, diventa complice del sistema di illegalità. Anche quei professionisti che si fanno carico di tenere in piedi la baracca,continuando con il proprio lavoro a sopperire alle assenze ingiustificate e ingiustificabili, diventano complici del sistema se non evidenziano le manchevolezze ai vertici aziendali.
Per valutare le carenze in pianta organica in un’azienda sanitaria, in un ufficio o in un ospedale, occorre verificare anzitutto l’effettivo svolgimento del proprio lavoro da parte di ogni lavoratore. Se il nostro Servizio Sanitario Nazionale continua a mantenersi efficiente malgrado sconti assenze croniche e scorribande predatorie, se solo riprendessimo a pretenderne l’efficienza anziché accontentarci o ignorarne le defaillance, potremmo contare sul Ssn migliore del mondo. Impariamo a meritarci l’eccellenza. È un nostro diritto. Ma è anche un nostro dovere.

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