Che fai, mi cacci?” Ognuno ricorda la frase rivolta da Fini a Berlusconi nell’ ottobre 2013. In quei giorni, l’ex leader di Alleanza Nazionale si sentiva al massimo della sua forza fisica e ” carico” abbastanza da lanciare una sfida pubblica al capo del PDL. Sollecitato anche dalle ambizioni dell’ambigua fiamma Elisabetta Tulliani, Gianfri aveva un obiettivo: la guida del partito, sfilandola dalle mani dell’attempato cavaliere.
Sappiamo com’è andata a finire: la conclusione politica della parabola finiana e la deludente scoperta, che la fiamma tricolore era molto meglio della fiamma Elisabetta. Si dice che dietro ogni grande uomo c’è una grande donna: nessun dubbio, almeno in questo caso.
La storia si ripete con attori diversi nell’altra metà campo. Renzi ha perso il referendum con grande gioia dei suoi detrattori, passati presenti e futuri, e la conseguenza è stata, come era immaginabile, che quelli messi da parte, i rottamati, e quelli che, affetti da una sproporzionata autostima, si attendevano ruoli, incarichi e riconoscimenti, con in testa Emiliano, cercassero solo la vendetta. Così i transfughi hanno intensificato l’attività messa in piedi da tempo per eliminare il nemico, facendo finta di voler difendere i bisogni e le istanze.del popolo, in attesa di sferrare l’attacco mortifero al “nemico.”. In politica non si risparmiano i colpi sotto la cintola e la debolezza di un contendente corrisponde sempre alla forza del suo oppositore. Nella vita normale questa si chiama vigliaccheria. Così, contro Matteo Renzi si sono scatenati tutti gli antagonisti. Per capire la statura morale degli scissionisti e di chi è rimasto nel partito pur continuando a bastonare dal suo interno, basta ascoltare i loro programmi: non ci sono. Il più temerario è Emiliano: la proposta geniale che metterà fine alla disoccupazione giovanile è dare un impiego immediato a diplomati e neolaureati. Chi li assumerà? I “numerosi” imprenditori che operano in questo Paese in condizioni eroiche, con una tassazione vessatoria e una burocrazia che li impicca? No certo, anche perché molti si sono trasferiti in Paesi dove fare impresa è assai più semplice, altri sono falliti, altri si sono suicidati. E allora chi? E’ ovvio, lo Stato, la Pubblica Amministrazione. La proposta del Governatore della Puglia cade come un colpo di mannaia sul collo delle persone di buonsenso. Nuove assunzioni significherebbero allargare lo stato sociale già abbastanza dilatato, con ripercussioni sull’economia e il debito. Del resto, con quale coraggio uno che voglia conquistare la segreteria di un partito e la simpatia degli elettori direbbe che il fondo del barile è stato raschiato tanto che non esiste più manco il barile? Che la Pubblica Amministrazione è una superfetazione di incompetenti, fannulloni, parassiti del badge, e i loro dirigenti dei campioni di irresponsabilità? E che ci sarebbe invece bisogno di persone competenti? E di riforme, riforme vere, quelle che richiedono coraggio e determinazione e soprattutto una totale indifferenza alle reazioni dell’opinione pubblica che vuole sentirsi compresa, compatita e vezzeggiata, anche nei casi in cui è portatrice cronica di cattive abitudini e disonestà? Emiliano è un ambizioso, ignaro dei propri limiti, che si è messo in testa di vincere; quindi quelle riforme non può proporle, pena la scomparsa dalla scena politica per sempre. Emiliano è un affabulatore che punta sulla credulità della gente della Puglia e in generale del Sud, che non sa più a che santo votarsi per vedere una soluzione ai propri problemi. E l’assistenzialismo è giusto quello che ci vuole per disincagliare il meccanismo inceppato. Emiliano è un furbacchione e siccome l’unione, seppure a distanza, fa la forza, si sta preparando ad una liaison con i grillini, altri furbacchioni, sulla base del reddito di cittadinanza, o, come l’ha ribattezzato Emiliano, reddito minimo, una sorta di riedizione dei lavori socialmente utili. Poi c’è il vecchio tormentone della redistribuzione delle ricchezze, che magari ci fossero, ma che in mancanza di produttività e di innovazione, sono appannaggio esclusivo e sicuro di tanti politici, dei loro amici e delle mafie, cioè degli stessi. C’è, infine, un terzo alleato probabile, che si è andato delineando dopo la sommossa dei centri sociali a Napoli. Una attrazione fatale tra magistrati, si potrebbe dire. Il sindaco De Magistris, alias il padrone di Napoli, come lui stesso si è definito, si è guadagnato la solidarietà del collega togato il quale si è schierato con i facinorosi dei centri sociali contro Salvini, reo di essere andato a fare proseliti nel capoluogo campano. Come rappresentante delle Istituzioni democratiche di questo Paese e come esempio di imparzialità, prerogativa fondamentale di un uomo di legge, direi che non c’è male. E questi signori sono gli avversari di Renzi , distruttore del PD, secondo Emiliano, che non ha perdonato all’ex premier un paio di cosette. La prima: la franchezza con cui Renzi ha criticato l’inefficienza degli inquirenti lucani per aver impiegato ben otto anni per arrivare alla sentenza di primo grado, a soli quattro mesi dalla prescrizione, a carico di nove imputati su trentuno. La seconda: la questione relativa alla costruzione di un centro oli della Total nel comprensorio di Tempa Rossa. Il governatore della Puglia non ha mandato giù il fatto che i fondi delle royalties per le estrazioni petrolifere vengano destinati alla Basilicata ( ben 168 miliardi nel 2015), mentre nell’area di Taranto il petrolio sarà stoccato e da lì venduto all’estero. Nessuna ideologia di natura politica, quindi, solo, a mio avviso, spirito di vendetta. Ed io, sto con Renzi.