“Tutti abbiamo potuto verificare come la gestione del verde pubblico a Ragusa, lungi dall’essere accorta come quella della precedente Amministrazione comunale, è portata avanti con una certa approssimazione. Anche in questo campo, dunque, la Giunta grillina lascia a desiderare. E, piuttosto che cercare di correre ai ripari, con arroganza fa sapere che la strada
è quella giusta e che di attivare interventi di modifica o quantomeno di contenimento neppure se ne parla”. Lo dicono il portavoce cittadino di Territorio Ragusa, Emanuele Distefano, e il responsabile degli Enti locali, Michele Tasca, a proposito del caso che, in queste ore, sta tenendo banco sui social e sulle testate giornalistiche ragusane con riferimento, in particolare, alle potature selvagge degli alberelli di cui sono disseminati i viali cittadini. “Ci dispiace davvero – affermano i due esponenti di Territorio – che l’assessore al ramo Salvatore Corallo e chi per lui abbiano avallato certi interventi che lasciano l’amaro in bocca. Dall’azione di ampliamento dei marciapiedi di viale Colajanni che sono costati parecchi alberelli, estirpati dall’area in questione per essere trapiantati altrove, agli oleandri di via Orfanotrofio a Ibla, potati in malo modo, oggetto di una dura reprimenda anche da parte di un cittadino illustre come lo chef Ciccio Sultano. E come se tutto ciò non bastasse, stiamo assistendo a una potatura a dir poco da biasimare in molte parti della città. Sono stati presi di mira i ligustrum così come denunciato proprio in queste ultime ore, anche nei pressi di palazzo dell’Aquila. Cultura del verde pubblico? L’impressione è che questa Amministrazione comunale la sconosca completamente. I ragusani dovranno stringere i denti ancora per poco più di un anno prima di potere esprimere di nuovo il proprio parere su chi dovrà guidare la città. Certo è auspicabile che chi ha deciso di stravolgere, rendendolo irriconoscibile, lo sky line vegetale del nostro centro urbano, decida consapevolmente di passare la mano. In caso contrario, ci penseranno i ragusani a mandarli a casa”.