I magistrati accolgono la riforma con moderato ottimismo, i professori universitari sono molto critici, gli avvocati la ritengono un disastro per la giustizia del futuro. La riforma penale, appena sarà legge definitiva, potrebbe fare i conti con le valutazioni della Corte Costituzionale.
Si è concluso il seminario sulla riforma del sistema penale in corso di approvazione definitiva alla Camera. Si è discusso della disciplina delle intercettazioni. A parlarne, Fabio Napoleone, componente del Consiglio superiore della Magistratura, insieme a Stefano Civardi, sostituto procuratore a Milano, Stefania Donadeo, gip a Milano, l’avvocato Varraso, professore ordinario alla Cattolica di Milano, che si è soffermato sul rito abbreviato.
“Parlo male di una riforma che purtroppo diventerà legge- ha detto senza mezzi termini- Non c’è coordinamento con le prospettive ordinamentali. Norme scritte male anche dal punto di vista linguistico. Speriamo che la legge non crei problematiche a livello applicativo. E’ una legge incoerente. L’indagine completa invece richiede alla Procura tempo ed efficienza”.
Meno pessimista il magistrato Angelo Costanzo, giudice Corte di Cassazione. “Tutti i processi penali si vanno a scaricare in Cassazione- ha affermato- direi ricorsi nazionalpopolari, quelli che non si negano a nessuno. Questa riforma prevede norme che rispondono a due obiettivi: deflazionare il carico dei ricorsi, 40 sentenze al mese emesse da 120 magistrati, a fronte di oltre 50.000 ricorsi sopravvenuti. Le responsabilità devono essere ripartite fra tutte le componenti, non solo attribuite al legislatore. Plaudo alla riforma con una mano sola, che è impossibile”.
Il magistrato Bruno Giordano ha concluso i lavori sul valore della riforma, sui profili di legittimità costituzionale e soprattutto su una finta giustizia ripartiva. “Il nuovo istituto consente a chi ha disponibilità economica di estinguere un reato a querela, con disparità di trattamento tra chi ha e chi non ha”.