L’autocertificazione dei primi tre giorni di malattia potrebbe diventare realtà prima di fine legislatura. Si incardina in commissione affari costituzionali del Senato il disegno di legge presentato da Maurizio Romani senatore dell’Italia dei Valori e vicepresidente della Commissione Sanità.
In presenza di un disturbo, che il lavoratore ritiene invalidante, ma transitorio, questi dovrebbe comunicare al medico di famiglia il proprio stato di salute “con sua esclusiva responsabilità”, e il curante provvederebbe ad inoltrare comunicazione telematica all’Inps e al datore di lavoro.
Con una differenza sostanziale, rispetto alle altre certificazioni di malattia: il medico trasmette ma non certifica, fa solo da postino dell’autodichiarazione (questa è più che una autocertificazione) del paziente.
Sarebbe stato ottimale che lo facesse direttamente il paziente, ma non è stato possibile: l’Inps processa solo certificati telematici e le credenziali sono in possesso dei medici, che però fanno in questo caso da operatori.
Ed ecco la ratio del provvedimento: quando il paziente comunica al medico di non poter andare a lavorare per una patologia come il mal di testa, questa non è facile oggetto di diagnosi o prognosi neanche se il paziente si reca in studio. È giusto che il paziente si prenda la responsabilità di ciò che viene attestato..
Con la precedente legge Brunetta succedeva che, una volta dimostrata la falsa attestazione di malattia, per il medico c’era la decadenza dalla convenzione (o il licenziamento se dipendente Ssn) e la radiazione dall’Albo medici. Per il medico,
invece , se passa la nuova legge, si potrebbero verificare tre casi: per assenza di meno di 3 giorni, autodichiarata dal paziente, non è responsabile (se non per la trasmissione del dato, dei cui dettagli si occuperebbe un regolamento successivo ndr) e non perseguibile disciplinarmente e deontologicamente; per assenze superiori a 3 giorni si persegue esattamente come prima la falsa attestazione, la diagnosi e prognosi a distanza; sempre per assenze oltre 3 giorni, ci sarebbero conseguenze minori, allorché il paziente attestasse una patologia difficile da documentare dal medico e poi venga pizzicato a fare… un secondo lavoro.
In definitiva, la proposta “non nasce tanto per alleviare il medico “, quanto per responsabilizzare il paziente. Non solo, ma cambia anche l’atteggiamento del medico fiscale, una cosa è dover contestare la certificazione redatta dal collega curante, un conto discutere di un’autodichiarazione di chi magari è un habitué delle assenze programmate, magari in un contesto dove si svolgono lavori usuranti o di particolare impegno.
Permettetemi brevi e concise considerazioni.. . Ma non sarebbe stato meglio e più rispettoso della dignità professionale del medico, che l’autocertificazione del lavoratore fosse da questi comunicata direttamente al proprio datore di lavoro e quest’ultimo, che è in possesso di credenziali Inps, a sua volta, la trasmettesse all’Inps per i dovuti accertamenti?… Non vedo perché il medico debba svolgere un’attività che nulla ha a che fare con la sua professione….Beh, che dire, siamo arrivati a fare anche i postini !!!