E’ iniziato a Palermo il processo penale contro il giornalista professionista modicano Angelo Di Natale, accusato di calunnia. Il procedimento scaturisce da una querela dell’ex caporedattore di Tgr Sicilia, Vincenzo Morgante, oggi direttore, promosso” dopo il licenziamento del Di Natale,
avvenuto non già per l’infondatezza di quelle gravissime accuse, ma per presunta violazione del dovere di esclusiva.
L’ultima udienza è stata caratterizzata dall’escussione dell’imputato che ha confermato il contenuto dell’esposto sull’uso di pubblicità occulta nei programmi Rai, puntualizzando di “indossarlo come una medaglia per la verità delle affermazioni in esso contenute che avrebbero dovuto essere un contributo all’Azienda del Servizio pubblico perché facesse pulizia al suo interno. Invece finora il risultato è stato di segno opposto in quanto è stato punito e rimosso chi denunciava il malaffare, anziché coloro che lo praticavano”. Dure come pietre le accuse di Angelo Di Natale dinanzi al giudice Salvatore Flaccovio, al pubblico ministero e alla parte civile, ovvero Morgante, che si trova nella singolare posizione di rappresentare tecnicamente la parte offesa in questo processo (a suo dire sarebbe stato calunniato dall’esposto di Di Natale) ma anche una sorta di “imputato di pietra”, di accusato extra processuale per via della gravità dei fatti che riconducono, almeno secondo quanto ribadito anche in dibattimento da Di Natale, alla sua possibile responsabilità.
Secondo quest’ultimo, che ha citato dati e documenti – Morgante “ha svenduto la funzione di capo redattore ad interessi privati legati ai suoi rapporti e alle sue frequentazioni in servizio e fuori servizio con imprenditori che poi beneficiava di decine di ‘marchette’ commerciali spacciate per informazione”.
In proposito il giornalista ha citato il caso della rassegna alimentare Cibus di Parma del 2008 nel corso della quale Morgante avrebbe moderato, nella veste di capo redattore Tgr Sicilia, la conferenza sul panettone al radicchio rosso dell’azienda Fiasconaro alla quale Tgr Sicilia, sotto la gestione Morgante, ha dedicato, perfino secondo quell’Auditing farsa, ben 24 servizi di “informazione” con 53 citazioni di marchio. Ma, ovviamente – ha osservato Di Natale – poiché appunto si trattava di un Auditing-farsa, la Rai concluse che non si trattava di pubblicità occulta!
Parole durissime da parte dell’imputato anche nei confronti del tentativo operato dalla Rai di coprire questo gravissimo asservimento dei superiori interessi generali propri del Servizio pubblico a quelli particolari e privati di qualcuno attraverso il travisamento di dati documentali e il ribaltamento della realtà.
In risposta ad alcune domande, Di Natale ha poi fissato paletti rigidissimi di distinzione tra un certo malcostume, diffuso in settori dell’editoria privata, di opacità della linea di separazione tra informazione e pubblicità (di cui è vittima la lealtà che si deve ai lettori) e la ben maggiore gravità di tali pratiche nell’Azienda concessionaria del Servizio pubblico. Quando si stava addentrando nell’analisi specifica dei fattori di tale radicale diversità, il tempo è scaduto. Nella prossima udienza è previsto il controesame del professionista di Modica.