Con “Germogli di sole”, Edizioni Milella, 2016, Laura Barone, poetessa milanese, docente di lingue e Letterature Straniere, approda, dopo le sue due primi sillogi poetiche del 2001 e del 2011, ad una fase di ulteriore bellezza del suo itinerario poetico. Con questa nuova raccolta di quarantaquattro liriche, la poetessa, infatti, apre il suo mondo interiore ad ogni lettore “in cammino”, ricorrendo ad un linguaggio immaginifico che trasuda di sentimenti veri e sinceri che raccontano giorni incisi “nei pori dell’anima”, e che, altresì, si fanno parola di contemplazione “ per dare a questo mondo / un sogno da plasmare”.
E’, insomma, una poesia che si muove tra cielo e terra quella di Laura Barone, una poesia che non cede a seduzioni intimistiche proiettandosi, invece, verso orizzonti di universalità ove la caducità e il limite dell’esperienza umana diventano i segni che caratterizzano l’itinerario di ogni esistenzialità in divenire.
Il titolo della silloge è già in sé una dichiarazione di poetica che allude a spazi di positiva crescita e speranza, atteso che il germoglio, che richiama sia il prodotto del seme vegetale quando questo viene interrato, sia il gruppo di foglioline che nascono dalla gemma di una pianta, allude alla necessità del legame della vita con le sue radici di verità, sia per dare frutti di bellezza sia per far comprendere come dal dramma del dolore, che attraversa la condizione umana, possono anche nascere “germogli di sole”, rilanciando così quel verso evangelico che afferma: “se il chicco di grano non muore, non porta frutto”. E la Barone rovistando “Tra le pagine del passato, il suo “chicco d’allegria” dice di averlo trovato:
“…dormiva quieto ,
abbracciato alla mia pena,
e si è svegliato per ricordarmi
che sono nata
per essere serena.”
Quel, poi, “fingersi luna” della poetessa, non solo indica l’approccio empatico con il quale ella si pone di fronte ad un mondo “sospeso tra ignavia e abbrutimento …”, ma appare altresì finalizzato ad un chiaro intento gnomico, quello di “dar flebile luce / a questo fioco esistere e fare del (suo) mare / un luogo per resistere”. L’autrice , così, in questa finzione, che non è doppiezza ma idealità e sogno, esorta il suo lettore a cogliere “un po’ d’amore, / quello vero.”, si ricongiunge alla voce della madre, riprende “lenta quel cammino / dove solitaria la speranza / sposa il biancospino…”; ed ancora, individua con nitidezza gesti, oggetti, figure, collocazioni spaziali creando uno scenario, a volte di stampo impressionista, nel quale i suoi occhi fissano pensieri sparsi, schizzi, bozzetti naturalistici, luoghi di incontro in chiaroscuro:
“Nascosta nel fiore di un dolore
l’anima spia un tenero sorriso,
…E scivola giù da un petalo il desiderio
prima che un sole straniero
secchi ogni fonte del pensiero”.
(Osservando la vita)
“Il giardino delle opportunità dorme
e il vento soffia via
granelli di sogno…”
( Speranze moderne)
“In un sole che accarezza
e morde la mia gioia
si dipanano le ore assenti del destino…”
(Folle voglia di vivere)
“Sotto gli archi del tempo
dove i mercanti incontravano Milano,
ci sono ora nuove donne
con piatti vuoti, e un cuore nella mano
…Bello incontravi amiche,
e per un attimo,
scordare ogni dolore”.
(Incontri all’Arengario)
C’è in “Germogli di sole” una poesia caratterizzata dal profumo e dal respiro della classicità, dove il verso è attraversato da un limpido meditare, da un indagare per immagini sui temi e sui problemi più profondi dell’esistenza, che diventano, così, il momento più alto e suggestivo della sua versificazione.
Laura Barone riesce a sognare in presenza della ragione, mantenendo in armonia e in equilibro – come bene osserva Franco Donatini nella prefazione – significato e significante: “Impalpabili silenzi / rimbalzano, /incalzano, innalzano, / come guanti calzano i sogni / nei campi del vento…”; e sono sogni che meditano sull’essere e sul divenire, aprendosi ad un “cammino intingendo gli occhi / in questa labile speranza/ che annienta le affilate spade del dolore”. Un dolore composto, mai gridato, quello dell’autrice, che si ingrossa “come un fiume senza voce / ad ogni nuvola che scortica il respiro”; un dolore che apre l’anima al colloquio con “un Dio sbadato/ che più non dona raggi al Suo creato” e al quale la poetessa chiede pace.
“Germogli di sole” è una raccolta che conosce i chiaroscuri della vita, che descrive il paesaggio dell’anima dell’autrice, con raffinati spunti di meditazione sul valore e il ruolo del tempo, vissuto non nell’indifferenza del suo scorrere, ma come partecipazione e superamento dell’ estraneità delle cose, come ricerca di emozioni capaci di provare a “sentire la felicità, / oltre la materia che incatena / e ci avvizzisce come foglie…/, e con l’aspirazione ad entrare nel “tempo della gioia” superando l’angoscia del dolore: “…L’esercizio del dolore è stato lungo / ora è tempo di affrontare / il breve cammino della gioia”.
Molto bella la lirica di chiusura della raccolta, ove la poetessa con metafore, immagini e simbolismi ( “neve”, “foglie”, “porte”, “specchi”, “brocche”, “colombe”, “bagliori”) costruisce le coordinate del nostro essere nel tempo: “…Ciò che siamo stati lo ricorderanno altri”- dice in un verso la Barone; quasi a ricordare all’uomo che se la ragione non sa trovare risposte alle nostre ansie, solo la contemplazione, l’estasi rappresentano la vera inesprimibile saggezza e possono proiettarci nel futuro di un tempo privo di “bagliori di fiele”.
Concludendo, ci pare di poter affermare che questa raccolta di Laura Barone sia come una “guglia di suggestioni interiori” che si offre ai lettori nella sua limpida trasparenza affettiva, con versi di tenue musicalità, con afflati di umano lirismo e con cadenze contemplative lucidamente razionali e arricchite da simbolismi che vogliono dare speranza e diradare le ombre della vita con “germogli di sole” capaci di far riabbracciare quell’ “infinito tempo / che spegnerà per sempre / quell’aspro assillo / intinto in un lamento”, e altresì capace di farci attraversare i boschi dei nostri sogni che la “tempesta non ha mai abbattuto”.