“Poiché non è mio intento fare sterili polemiche personali ma, al contrario, voglio dare un contributo al dibattito che è aperto sul Piano Paesistico Regionale, voglio far notare al prof. Prelati che la verità non sta mai tutta da una parte ( ed è per questo che, non a caso, l’UDC sta al centro) e voler far passare l’idea che i difensori del Piano Paesistico sono tutte “ anime belle”, e chi ha opinioni contrarie è “tout court” tacciato di essere contro tutto il Piano, è tipico di un atteggiamento talebano che mortifica il dibattito”. Così si esprime Salvatore Barrano, Commissario UdC di Vittoria, sulla questione del Piano Paesistico.
Quello che l’UDC di Vittoria ribadisce con forza non è la contrarietà alla regolamentazione dell’uso che si fa del paesaggio e del territorio, ma all’atteggiamento fideistico di parte delle rappresentanze politiche ( come Italia dei valori) che appoggiano un piano scritto sotto dettatura di Legambiente ( che, per carità, ha tutto il diritto di rappresentare il proprio punto di vista, ma con pari dignità rispetto a tutte le altre realtà che compongono la nostra società, soprattutto quelle che rappresentano il mondo del lavoro). “Si capisce – spiega Barrano – da ciò come mai il sindaco della nostra città sia rimasto immobile ed indifferente all’ampio dibattito che si sta consumando tra le varie forze politiche e delle rappresentanze di categoria: tanto a lui il Piano sta bene così com’è!
Volendo ritornare su alcuni argomenti richiamati, in maniera un po’ incongruente dal prof. Prelati, ribadisco che giacciono numerose pratiche PSR all’IPA di Ragusa riguardanti agricoltori che hanno le loro aziende ricadenti nella zona del Paesaggio Locale Macconi, e questa è la prova del danno provocato all’agricoltura ( quindi non è vero che questo piano è “funzionale all’esistenza delle serre”) e ciò fa capire quali sono gli effetti pratici di un piano che non è stato sufficientemente concertato con chi tutti i giorni si deve confrontare con innumerevoli problemi.
L’incongruenza sta nel fatto che il prof. Prelati, da un lato, ci presenta il Piano come la panacea ai mali della serricultura, dall’altro, individua questi mali “nell’inquinamento da nitrati del sottosuolo, nel depauperamento delle falde idriche, nella filiera commerciale lunga e penalizzante”.
Questa tesi, confutata da studi che testimoniano come l’inquinamento da nitrati sia determinato a monte rispetto alle coltivazioni di pianura quali quelle serricole, è, invece, la “excusatio non petita” che rivela la presenza dietro le quinte di un disegno atto a criminalizzare le serre che sono, invece, il fulcro su cui si regge la nostra economia.
Riguardo alla presenza di Agronomi nella stesura del Piano, una cosa è “l’indagine conoscitiva sull’uso del suolo agricolo”, altra cosa è partecipare alla determinazione delle misure vincolistiche da prendere riguardo alle prescrizioni da adottare nei casi in cui è consentito fare serre, come ad esempio:
a) “impianti facilmente smontabili e aventi il carattere di strutture precarie” ( in italiano vuol dire che si possono usare o tunnel o strutture che non reggerebbero ai caratteristici venti delle nostre zone) “e tali da consentire la riconversione delle aree in colture a pieno campo”.
b) “Rispetto degli allineamenti con la trama viaria “( alla faccia degli studi agronomici che raccomandano il giusto orientamento delle serre per l’ottimale efficienza d’insolazione ed energetica).
c) “Creazione sistematica di barriere vegetali in funzione di schermatura degli impianti serricoli” (quando è arcinoto, anche ai non addetti ai lavori, che è contro l’efficienza energetica della serra, oltre che dannosa dal punto di vista fito-sanitario, l’effetto-ombra su di esse).
d) Si fa notare, perché dimostrato, che a dispetto del vincolo idrogeologico dell’area in oggetto, è stata proprio la presenza delle serre nel territorio in oggetto a scongiurare il dissesto idrogeologico del territorio, nonché la selvaggia urbanizzazione, come quella che è stata perpetrata nella zona di Cammarana.
Provi, allora, il prof. Prelati ( tra l’altro, responsabile dipartimento provinciale sull’agricoltura dell’IDV) non tanto a rispondere a me, quanto a spiegare agli agricoltori della nostra città, che svolgono il proprio lavoro di imprenditori agricoli nel suddetto Paesaggio Locale, cosa vuol dire che il Piano prevede la “predisposizione di piani di recupero paesaggistico-ambientale nonché norme urbanistiche che incentivino la dismissione delle serre esistenti, la riqualificazione dei siti e l’acquisizione di aree mediante meccanismi che consentono di trasferire in aree non costiere le attività serricole ivi esistenti”, se non che le serre devono essere smobilizzate dall’area maggiormente vocata del nostro territorio?
Riflettano su queste considerazioni tutti coloro che o per scelta personale, nelle diverse formazioni politiche, o per rappresentanza istituzionale devono esprimere la loro opinione sul Piano de quo che, certamente, è destinato ad incidere profondamente e speriamo non negativamente sull’agricoltura vittoriese e dell’intera fascia trasformata”.