L’ormai ex Senatore Cuffaro, dopo sei anni di processi, tre gradi di giudizio, ha avuto la sentenza che lo condanna definitivamente a sette anni di reclusione per il reato di favoreggiamento alla mafia. Va osservato che l’ex Presidente della Regione, relativamente a questa vicenda, è stato un uomo di parola; egli infatti, ha sempre dichiarato che ove la sentenza della Cassazione lo avesse visto colpevole del reato ascrittogli, si sarebbe subito dimesso ed avrebbe espiato la pena inflittagli. Certo, una questione di stile, ma in realtà solo apparente, se si considera che la sentenza, oltre alla condanna detentiva, prevede anche la decadenza dalla carica in Senato, per cui nei fatti, solo una scelta obbligata e senza alternative. In questa vicenda, comunque, emergono in maniera incontrovertibile alcune evidenze: la Giustizia spesso è lenta ma arriva sempre al traguardo e sentenzia sulla base delle leggi e non in funzione dei nomi; molti uomini delle Istituzioni che dovrebbero essere i paladini della Giustizia, in presenza di condanne di loro amici e colleghi, si dicono “increduli” per le sentenze, osteggiando di fatto l’operato dei Giudici che invece andrebbero ringraziati per la loro equidistanza dagli status sociali; i condannati “eccellenti”, seppur resi impotenti dalle sentenze, mai ammettono le loro responsabilità, ma arrampicandosi sugli specchi, intessono discorsi che hanno in sé solo delle contraddizioni, come ad esempio nel caso in esame: “accetto la sentenza e da uomo delle Istituzioni, sono pronto ad espiare la mia pena, anche per dare un esempio ai miei figli”. Quale esempio ? Quello che un servitore dello Stato non può e non deve stare con il piede in due scarpe o quello di trasmettere il messaggio che chi commette delle debolezze, è giusto che paghi ?
Spero comunque che il caso Cuffaro, abbia insegnato qualcosa a coloro i quali continuano a ritenersi intoccabili !
LE CONDANNE “ECCELLENTI” E LE REAZIONI “ISTITUZIONALI”. La riflessione di Giombattista Ballarò
- Gennaio 23, 2011
- 10:20 pm
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