Giuseppe Mistretta, ennese, è un autore molto legato alle radici dell’umanesimo classico. E questo ancoraggio è ben evidente nella sua raccolta, “Le Rime. Antologia di Odi e Canti”, Maurizio Vetri Editore, 2017, ove il linguaggio poetico si presenta ricco di movenze lirico-metriche che, certo, risultano rare nello spazio della poesia moderna e contemporanea, ma che l’autore predilige in modo quasi affettivo, essendosi accostato alla letteratura classica dopo i suoi studi tecnico-professionali.
Basta scorrere i testi de “Le Rime” per scorgere in essi modelli linguistici della classicità ottocentesca ( “empie”, “aveva”, “desii”, “dì”, “beltà”, “core” etc..) che la poesia moderna ha superato, ma che Mistretta predilige nel suo percorso per sostanziare la dimensione del suo sentire poetico e per esprimere la sua interiorità sfuggendo – come si legge nella breve osservazione sul linguaggio con cui si apre la raccolta – alla “prevaricazione dell’elemento funzionale-comunicativo sull’elemento stilistico-espressivo”.